Contributivo per tutti. Per andare in pensione 40-42 anni per tutti

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Dal 2012 pensione di anzianità  solo con 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e un mese per le donne. Via il meccanismo delle quote. Sale già  dal 2012 da 60 a 62 anni l’età  per la rendita di vecchiaia per le donne lavoratrici del settore privato. Sì al contributivo pro rata per tutti dall’anno prossimo, abolizione delle finestre di uscita (i 12 mesi di attesa), blocco dell’adeguamento all’inflazione per il 2012 e 2013, ad eccezione dei trattamenti pensionistici fino a 936 euro. Introduzione di disincentivi per chi chiede la pensione di anzianità  prima dei limiti anagrafici previsti per la vecchiaia. Aumento delle aliquote per artigiani e commercianti (+0,3%). Queste le misure del pacchetto previdenziale, il più importante, contenuto nella manovra del governo di Mario Monti. Ma vediamo cosa cambia in concreto.
Via i 40 anni
Il pensionamento anticipato con 40 anni, a prescindere dall’età  anagrafica, stavolta non è rimasto in piedi. A partire dal 2012 per ottenere la pensione prima dell’età  della vecchiaia occorrono agli uomini 42 anni ed un mese e alle donne 41 e un mese. Nel 2013 il requisito sale a 42 e 2 mesi, per attestarsi a 42 e 3 mesi a partire dal 2014 (per le donne rispettivamente 41 e 2 mesi, 41 e 3 mesi). Anche questi requisiti saranno parametrati alle speranze di vita dal 2013. Ma non basta. Se si chiede la pensione di anzianità  prima dell’età  prevista per la vecchiaia, l’assegno verrà  corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari al 2% per ogni anno di anticipo. Incentivi, invece, per chi prolunga l’attività .
Contributivo per tutti
E’ un’idea che il neo ministro Elsa Fornero ha sempre sostenuto. Si tratta di una misura che accelera quanto previsto dalla riforma Dini del 1995, dalla quale restarono esclusi coloro che avevano, a quella data, più di 18 anni di servizio e che mantennero il vantaggioso metodo di calcolo retributivo (2% dello stipendio per ogni anno di lavoro). Dal 2012 i versamenti di questi lavoratori saranno calcolati col meno vantaggioso metodo contributivo. Sistema che tiene conto di quanto effettivamente versato e della speranza di vita media al momento del pensionamento, come succede per tutti quelli che hanno cominciato a lavorare dopo il ’95 e per coloro che a quella data avevano meno di 18 anni, i cui versamenti dal ’96 in poi vengono appunto calcolati con il sistema contributivo.
Si applicherà  il meccanismo pro-rata. E cioè riguarderà  la sola contribuzione versata dopo il 31 dicembre 2011. Una novità  tutto sommato poco dolorosa, che incide in maniera modesta sul calcolo della pensione finale. Per alcuni, il contributivo poteva rappresentare addirittura un miglioramento. Chi restava a lavorare più a lungo, anche oltre i 40 anni, infatti, avrebbe avuto la soddisfazione di vedersi incrementare la pensione, in quanto 40 anni, lo ricordiamo, è il tetto massimo dell’anzianità  utilizzata per il calcolo retributivo. Così però non è. Nella bozza del testo, c’è una clausola di salvaguardia (evidentemente dei conti pubblici), in base alla quale l’importo della pensione calcolata con il pro-rata, non può comunque superare quello che sarebbe scaturito dal calcolo tutto retributivo. Il nuovo sistema riguarderà  solo una minoranza dei lavoratori più anziani (la maggioranza di coloro che aveva più di 18 anni di contributi nel ’95 è già  andata in pensione). I risparmi saranno quindi modesti, e gli interessati ci rimetteranno poco. Più si è vicini alla pensione e meno si verrà  penalizzati.
Le donne e la vecchiaia
La lenta equiparazione dell’età  pensionabile delle donne con i 65 anni degli uomini e poi con i 66 anni per tutti è stata e accelerata, e in maniera piuttosto brusca. Dal 1° gennaio 2012, infatti, l’età  sale a 62 anni. Il limite sarà  ulteriormente elevato a 64 anni nel 2014. I 64 anni diverranno poi 65 nel 2016 per attestarsi a 66 nel 2018. Per le lavoratrici autonome (commercianti, artigiane e coltivatrici dirette), invece, lo scalone del 2012 è di 3 anni e 6 mesi (l’età  sale a da 60 a 63 anni e mezzo). Il resto del percorso, sino al traguardo dei 66 anni nel 2018, è lo stesso di quello delle dipendenti. Per gli uomini il limite sale a 66 anni dal 2012 perché già  incorpora la finestra.
Età  flessibile
All’innalzamento dell’età  viene affiancata anche una certa flessibilità  nell’uscita dal lavoro. Dall’età  62 all’età  70 vige il pensionamento flessibile, con applicazione dei relativi coefficienti di trasformazione del capitale accumulato con il metodo contributivo (che oggi arriva al massimo a 65 anni) calcolati fino a 70 anni. Per gli uomini (e per le dipendenti pubbliche), la fascia di flessibilità  è compresa tra 66 o 66,5 (età  minima, oggi prevista per il pensionamento di vecchiaia) e 70 anni.
La vita si allunga
Dal momento che si vive più a lungo, occorre andare in pensione più tardi. E’ questa la filosofia di base che ha ispirato la legge del 2010, con la quale è stato deciso che i requisiti anagrafici dovranno nel tempo fare riferimento all’incremento della speranza di vita. La manovra economica del luglio scorso ha anticipato al 2013 (doveva partire dal 2015) tale adeguamento, che avverrà  con cadenza triennale in base ai dati forniti dall’Istat. A questo proposito, la riforma Monti stabilisce che, se l’incremento dato dalle variazioni demografiche non dovessero arrivarci, a partire dal 2022 l’età  del pensionamento non può avvenire prima di 67 anni.
Finestre
L’inasprimento dei requisiti per ottenere la pensione è in parte mitigato dalla soppressione della famosa «finestra mobile» introdotta dalla manovra economica dell’estate 2010. La pensione verrà  erogata il mese successivo alla maturazione dei requisiti.
Chi si salva.
Le nuove regole sulle pensioni non trovano applicazione nei confronti dei soggetti, entro il limite di 50 mila unità , che maturano i requisiti (di oggi) entro il 31 dicembre 2011 e i lavoratori in mobilità , alla data del 31 ottobre 2011, e quelli interessati ai cosiddetti piani di esubero (banche e assicurazioni, ecc.), anche se raggiungono i requisiti dopo la fine dell’anno in corso. Restano fuori anche gli ex lavoratori che sono stati autorizzati ai versamenti volontari entro il 31 ottobre 2011.
Adeguamento Istat
Sarà  bloccato nel 2012 e 2013 l’adeguamento annuale delle pensioni all’inflazione, salvaguardando solo gli assegni fino a 936 euro. E’ uno dei punti più avversati dalle organizzazioni sindacali.


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