I giornali di sinistra

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Magari erano mezzo milione, ma comunque un’enormità . Si trattava di un estremo tentativo di rivitalizzare la partecipazione al governo di quella che all’epoca si chiamava “sinistra radicale”. Di fronte a una marea di bandiere rosse parlarono, oltre a Pietro Ingrao, i tre direttori, Gabriele Polo, Piero Sansonetti e chi scrive. Non servì a niente, la “sinistra radicale” si era impantanata dentro quel che adesso Fausto Bertinotti definisce «il recinto». Probabilmente, lo sbaglio fu commesso in partenza, quando i partiti di sinistra decisero che “i movimenti” da soli non erano in grado di cambiare nulla e che si trattava appunto di impugnare qualche leva del governo. Prodi subito dopo cadde (grazie a Mastella, pensa un po’) e le sinistre riunite ottennero zero parlamentari alle elezioni successive. Rievoco questa poco gloriosa pagina per ricordare a me stesso, prima di tutto, quale fosse il ruolo, il peso, che la stampa di sinistra o “di movimento”, e specialmente il manifesto, riusciva ad avere, anzi era spinta ad avere: inutile ricordare il mitico 25 aprile del ’94, quando una sinistra tramortita dalla prima vittoria di Berlusconi trovò l’occasione di risorgere dalle sue ceneri grazie a una manifestazione convocata dal “quotidiano comunista”. Ma ora? Carta ha cessato di esistere, in quanto settimanale, da più di un anno: era il più fragile. L’editore di Liberazione ha deciso di interrompere le pubblicazioni dal primo gennaio. E il manifesto, come leggiamo quasi ogni giorno, non sta affatto bene. Dunque la domanda che uno come me, giornalista “irregolare” per tutta la vita, si pone è: oltre alle aggressioni alle provvidenza pubbliche all’editoria cooperativa o di idee, oltre alla crisi generale della carta stampata che arretra combattendo (poco e male) di fronte al dilagare di internet, oltre alla crisi economica che svuota le tasche dei lettori, oltre a tutto questo non è per caso avvenuto un cambiamento radicale, tale da svuotare di senso, più precisamente di attualità  sociale e culturale, la sinistra e i suoi giornali? Qualcosa del genere dovrebbe suggerire il fatto che uno dei pochi cambiamenti che si sono ottenuti, con i referendum su acqua e nucleare, lo si deve a una miriade di comitati cittadini; o ancora il fatto che le vittorie di Pisapia e De Magistris si devono a fenomeni avvenuti a fianco o anche contro i partiti. Lezioni inutili, a giudicare dalle reazioni della ex sinistra radicale alla candidatura di Sandro Medici alle primarie romane (come ha riferito sul manifesto Carlo Lania). Ecco, messi alle strette dalla fine di un’epoca, i giornalisti “irregolari” sbaglierebbero di grosso se tentassero di ricominciare nello stesso modo. Perché non c’è dubbio che di una informazione indipendente, sociale, anti-liberista (chiamatela come vi pare) vi è oggi ancora più bisogno che ieri, ed è però altrettanto sicuro che ci si deve inventare qualcosa di tanto innovativo quanto fu il manifesto alla sua nascita. Spero ci sarà  occasione di discuterne.


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