«Amnistia? Pronta a sostenerla»

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ROMA — «Il carcere è il primo dei miei pensieri anche se sarei davvero una sognatrice se pretendessi di risolvere il problema con un decreto…». Parla di un mondo che conosce bene il ministro della Giustizia, l’avvocato Paola Severino, che — nella sua prima conferenza stampa a Palazzo Chigi — non ha remore a definire «umilianti e invasive» le perquisizioni personali previste per i cosiddetti «nuovi giunti». Per cui — quando le chiedono un parere su un eventuale provvedimento di clemenza — il Guardasigilli non si tira indietro: «Non ho mai escluso che l’amnistia e l’indulto siano mezzi per contribuire a svuotare le carceri ma ho sempre ricordato che non sono provvedimenti governativi. E se il Parlamento deciderà  di adottarli certamente non mi opporrò». 

Il governo Monti, dunque, rispetta i tempi annunciati per il varo del pacchetto svuota-carceri che contiene alcune novità  anche sul processo civile (converrà  di più ricorrere alla procedura di conciliazione), sulla razionalizzazione degli uffici dei giudici di pace (ne potrebbero sparire 500), sulle procedure che interessano le famiglie e le piccole imprese sovra indebitate.
Sul carcere il ministro Severino ha ottenuto il ricorso al decreto legge. Un provvedimento d’urgenza per arginare il fenomeno delle «porte girevoli» che determinano ogni anno 21 mila presenze limiate ai 3 giorni di permanenza in cella. Si tratta per lo più «dei soliti noti» — pizzicati per reati di non particolare gravità  per i quali è previsto l’arresto obbligatorio — che d’ora in poi resteranno nelle camere di sicurezza delle questure e della caserme dell’Arma (sono 706 quelle agibili) a patto, però, che il giudizio direttissimo venga svolto entro le 48 ore dall’arresto e non più entro 96 ore. «L’arrestato dovrà  essere, di norma, custodito dalle forze di polizia salvo che ciò non sia possibile per mancanza di adeguate strutture o per altri motivi quali lo stato di salute dell’arrestato o la sua pericolosità ». In questo modo, ogni anno, non entrerebbero più in carcere molte migliaia di persone.
Ma l’uso delle camere di sicurezza consente il contatto ravvicinato tra il «detenuto» e gli agenti che hanno operato l’arresto. Tant’è che l’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma — cui si deve l’istruttoria sul pacchetto ora varato dalla Severino — aveva proposto che ai soggetti non pericolosi fossero concessi i domiciliari anche in attesa del rito direttissimo. Il decreto prevede poi che vadano ai domiciliari i detenuti con pena residua di 18 mesi (e non più di 12 mesi come stabilito dal precedente governo). L’effetto è di 3.300 detenuti in uscita nel 2012 ma, osserva Antigone, molto dipende dai magistrati di sorveglianza che impiegano anche 140-180 giorni per decidere.
Con un disegno di legge, invece, si prevede la sospensione del procedimento per gli irreperibili, la messa in prova anche per gli adulti (pena massima 4 anni e impiego in lavori di utilità  sociale) e la depenalizzazione dei reati che prevedono la sola pena pecuniaria. 
Alla Severino, infine, si deve una piccola rivoluzione: l’inserimento nel codice penale, tra le pene principali decise senza automatismi dal giudice, della reclusione presso la propria abitazione per le condanne fino a 4 anni. Verrà  varata infine la carta dei diritti e dei doveri dei detenuti stampata in più lingue. E tutto questo arriva alla vigilia della visita in carcere del Santo Padre che domani celebrerà  la messa a Rebibbia.


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