L’antico bastone del welfare mediterraneo

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Nei giorni in cui il dibattito politico è dominato dalla riforma delle pensioni e il Rapporto sullo stato del Paese presentato dal governo fotografa un’Italia sempre più vecchia in cui un quinto della popolazione ha più di 65 anni, è utile leggere un libro che scava a fondo nella condizione degli anziani in Italia e in un sistema di «welfare mediterraneo» che, con l’allungamento della vita media, fa a gara con la più nota, e salutare, dieta mediterranea. E che affronta il tema del ruolo degli anziani nella nostra società . 
Autore di La terza età . Anziani e società  in Italia (Il Mulino, euro 13) è una firma nota ai lettori del manifesto, Enrico Pugliese, docente di Sociologia alla Sapienza di Roma ed ex direttore dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e sulle politiche sociali del Cnr. Pugliese mette in evidenza come la questione anagrafica sia diventata centrale nelle politiche di un continente che diventa sempre più vecchio (anche se rimane in piedi la domanda su quando si diventa anziani e si evidenzia la costruzione sociale dell’età ). Una centralità  dimostrata dal fatto che due summit del Consiglio d’Europa sono stati dedicati proprio al tema delle pensioni, con la decisione di far pressione sui governi per innalzare l’età  di ritiro dal lavoro. È per questo che ci troviamo oggi di fronte alla riforma Fornero, che risulta così essere una conseguenza e non la premessa, ed è per questo che la lettera della Bce al governo Berlusconi, lo scorso agosto, come prima misura chiedeva proprio di alzare l’età  lavorativa, in un momento in cui, come risulta dai bilanci dell’Inps, la concomitanza tra l’aumento dei pensionamenti e la diminuzione dei giovani al lavoro ha fatto aumentare la spesa per pensioni in un anno di cinque miliardi.
Il libro mette in evidenza come, a fronte delle numerose riforme degli ultimi quindici anni, in Italia il tasso di anziani al lavoro sia tuttora molto basso e che la percentuale dei ritiri a partire dai 55 anni sia molto elevato. Il prepensionamento sempre più spesso assume la funzione di ammortizzatore sociale, un modo per ristrutturare in maniera indolore le aziende in crisi. I risultati sono, spesso, uno spreco di capitale umano e il peggioramento delle condizioni economiche dei prepensionati stessi.
Quella che andrebbe rivista, per Pugliese, è la scansione tripartita delle età  affermatasi con il modello economico fordista (prima età  della formazione, seconda età  del lavoro e della produzione e terza età  del pensionamento e del consumo), perché sono venute meno le condizioni strutturali che avevano dato luogo a quel modello. Però ancora oggi il modello rimane quello, solamente con un progressivo allungamento della vita lavorativa, dunque della seconda età . Viceversa, una variante che si è configurata nei paesi del sud dell’Europa è quella del «welfare mediterraneo», dove nell’assenza di un stato sociale organizzato la cura degli anziani è affidata a una figura nuova, «la badante».
In nome della carità 
In questo originale modello «mediterraneo» di gestione dell’allungamento della vita entrano in campo tutti e tre gli agenti del welfare nostrano: la famiglia (cardine della vita sociale italiana); il mercato che fornisce la forza lavoro; e lo Stato che fa la sua parte assegnando pensioni varie e assegni di accompagnamento grazie ai quali la famiglia può organizzare il welfare (ricorrendo al mercato e pagando le badanti). Non solo. Si affronta anche un altro fenomeno di welfare familiare, ancora più accentuato in periodi di crisi, lavoro precario e bassi salari come questo che stiamo vivendo: quello dei nonni baby-sitter.
In questo caso, la famiglia non fa ricorso al mercato ma alle risorse umane della famiglia stessa. Ma, ci si chiede, ci può essere un altro modo per gli anziani di essere attivi oltre quello del baby sitting? Certo che sì, ma dall’analisi scientifica passiamo qui sul terreno meno empirico dei sogni e delle speranze. Non saranno indifferenti, per cambiare le abitudini degli italiani, l’allungamento della vita lavorativa e della conseguente liquidazione (spesso usata per comprare casa ai figli), i tagli al welfare che si misurano in aumenti di rette scolastiche e diminuzione o soppressione di altri servizi, i cambiamenti nel mondo del lavoro (con periodi più o meno lunghi di inattività ). Con un’avvertenza: il periodo più difficile nella storia degli anziani è stato quello della rivoluzione industriale e del primo capitalismo moderno, «quando per effetto del mercato e della mercificazione spinta della forza lavoro, i tradizionali rapporti familiari e comunitari furono travolti e gli anziani furono abbandonati a se stessi e alla privata carità ». Fino all’invenzione del welfare state (grazie all’influsso del socialismo, è bene ricordarlo), rappresentavano loro la fetta maggiore di povertà . Oggi che il neoliberismo, pure in crisi, ha sempre più campo libero e il welfare è picconato giorno dopo giorno, cosa accadrà ?


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