L’Europa alla francese

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PARIGI. L’euforia per l’accordo storico» dell’Unione europea è durata poca. L’agenzia di rating Moody’s ha avvertito tutti i paesi della zona euro e anche gli altri della Ue che anche i primi della classe rischiano di perdere il rating AAA, con borse in calo dappertutto, da Francoforte a Parigi, passando anche per l’isolazionista Londra. Secondo Moody’s, seguita a ruota da Standard & Poor’s, il Consiglio europeo non ha dato i risultati sperati, visto che «quasi nulla è stato fatto sul breve periodo», mentre i capi di stato e di governo si sono concentrati «sul lungo periodo» per cercare la stabilizzazione dei mercati.
Ma i tempi sono lunghi, la redazione del trattato intergovernativo «17+» o «27 meno 1», come lo si voglia chiamare, non arriverà  prima di marzo e poi ci sarà  il periodo delle ratifiche, dove si incroceranno gli appuntamenti politici nazionali, a cominciare dalle presidenziali e legislative francesi, che spostano, al meglio, una decisione definitiva non prima di giugno. Moody’s minaccia di esaminare il rating di tutti nel primo trimestre del 2012. Uno degli obiettivi del vertice – dare l’impressione che esiste un pilota nell’aereo Europa e che questo pilota si chiama Merkozy – è già  spazzato via dalle reazioni di Moody’s e da quelle delle borse, che puntano il dito sull’incertezza che permane nella zona euro, dove a tutt’oggi nulla è sicuro: né quale sarà  il ruolo dei paesi non-euro che hanno promesso di aderire al trattato intergovernativo dei dieci paesi della moneta unica, né, tanto meno, quale sarà  la posizione della Gran Bretagna, messa all’angolo. Se il messaggio di Bruxelles era solo rivolto ai mercati, per placarli, l’obiettivo non sembra essere stato raggiunto.
«Mi piacerebbe poter dire che è totalmente scartato» il rischio di esplosione dell’Europa, ha detto Nicolas Sarkozy in un’intervista a Le Monde, «ma me ne guardo bene». Secondo Sarkozy è stato «fatto tutto quello che era possibile fare», in un vertice che «rappresenta una tappa decisiva verso l’integrazione europea». Sono state «create le condizioni per un rimbalzo e di uscita dalla crisi». Ma il cantiere è enorme: in un clima di crisi del debito, si devono «riparare le insufficienze dell’euro al momento della sua creazione».
La tensione non si è placata neppure in Gran Bretagna, dove David Cameron ha giustificato di fronte al parlamento la posizione britannica. Il veto posto alla riforma dei trattati a Bruxelles si è trasformato in una minaccia di crisi di governo a Londra, dove la coalizione al potere potrebbe non tenere fino alla scadenza naturale del maggio 2015. Mentre l’ala euroscettica dei conservatori spera di poter imporre un referendum per rimpatriare a Londra dei poteri ceduti a Bruxelles, il vice primo ministro, il liberal-democratico Nick Clegg, si è detto «amaramente deluso, perché credo che il vero pericolo sia la progressiva marginalizzazione e isolamento della Gran Bretagna all’interno dell’Unione europea». Clegg, che in un primo tempo sembrava aver dato il suo assenso al veto britannico, teme che Londra perda peso internazionale: «Ridurrà  la nostra influenza a Washington, Pechino e New Delhi, capitali che valorizzano l’influenza che credono abbiamo a Bruxelles». Ormai, c’è conflitto aperto tra quello che resta dell’industria britannica, che esporta in Europa, e la City, che non vuole sentir parlare di regolamenti europei.
Per Sarkozy «ci sono ormai chiaramente due Europe. Una che vuole maggiore solidarietà  tra i suoi membri e regolazione. L’altra che si aggrappa alla sola logica del mercato unico». Di due Europe, in tutt’altro senso, ha parlato anche uno dei portavoce di Franà§ois Hollande, candidato socialista all’Eliseo. Secondo Manuel Valls, c’è un’Europa Merkel-Sarkozy, che parla solo ai mercati e una di Hollande e dell’Spd tedesca, che rifiuta la logica di Tina (There is no alternative) e intende rimettere al centro dell’Europa i suoi cittadini. Ma per il momento, questa alternativa resta vaga. Hollande ha precisato ieri che l’accordo intergovernativo delineato a Bruxelles «non è la buona risposta, né all’emergenza né per l’avvenire dell’Europa». Ha promesso che, se sarà  eletto all’Eliseo, «rinegozierà » l’accordo, per «mettervi cosa manca»: l’intervento della Bce, gli eurobond, un progetto di crescita economica. Hollande promette anche di coinvolgere il parlamento nella definizione della programmazione delle finanze pubbliche.
In Francia, ma non solo, sondaggi dopo sondaggi rilevano che le popolazioni si sentono sempre più estranee alla strada intrapresa dalla costruzione europea, che per i cittadini si riassume alle cure di austerità , senza delineare speranze di un avvenire migliore per la qualità  della vita.


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