Monti non ci salva dallo spread: quota 502 e rendimenti oltre il 7%

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La manovra del governo Monti, che punisce i salariati, non ci salva dallo spread. Il differenziale tra i Btp e i Bund è salito ieri fino a 515 punti, per poi fermarsi a 502 punti base con il tasso sul decennale che sfonda la soglia critica del 7% per arrivare al 7,09%, prima di chiudere al 6,9% (4,9% il rendimento dei titoli a due anni). Insomma, sui mercati l’Italia per indebitarsi deve offrire il 5,08% in più di quanto paga la Germania. Segno che il rischio paese resta alto, con un 2012 da brividi. La settimana borsistica, nonostante la paura da spread, si è chiusa tuttavia con un timido segno positivo, a Milano come nel resto d’Europa. Milano ha fermato la seduta in recupero dello 0,31%, Londra dell’1,02%, Parigi dello 0,84% e Francoforte dello 0,47%. Anche Wall Street ha aperto bene, comportamenti virtuosi legati all’arrivo di dati macroeconomici statunitensi sostanzialmente positivi.
La notizia più importante, anche perché inattesa in queste proporzioni, è stata quella relativa agli ordini di beni durevoli, che hanno segnato a novembre un balzo del 3,8% contro attese per una crescita del 2,2%. È il maggior incremento da 4 mesi. Così così, ma sempre in zona positiva, è stata l’altro dato relativo alla spesa personale, l’indice dei consumi privati, che ha segnato in novembre un rialzo di appena lo 0,1%, contro attese per un aumento dello 0,3%. I redditi sono cresciuti dello 0,1% contro un +0,2% previsto. Migliore il dato sulle vendite di case nuove negli Stati Uniti, che in novembre si sono attestate ad un tasso annualizzato di 315mila unità , in aumento dell’1,6% dal dato rivisto di ottobre, 310mila, e del 9,8% da novembre 2010, secondo i numeri resi noti dal Census Bureau. Ma buone notizie sono arrivate anche da altri canali. La Camera americana ha infatti dato via libera all’estensione di due mesi degli sgravi sugli stipendi. Camera e Senato, che ha approvato la misura nei giorni scorsi, inizieranno a negoziare in gennaio su un’estensione di un anno, così come ha insistitito l’amministrazione Obama. La misura dovrà  ora essere firmata dal presidente per diventare legge ed evitare un aumento delle tasse per 160 milioni di americani dal 1 gennaio. Mentre la Fed, la banca centrale statunitense, potrebbe mantenere i tassi di interesse vicini allo zero fino al 2014 o oltre a sostegno della fragile ripresa economica. Lo ha scritto il Wall Street Journal, secondo il quale i membri della Fed starebbero ripensando a quanto comunicato nell’agosto scorso, quando l’istituto guidato da Ben Bernanke ha affermato che i tassi rimarranno bassi almeno fino alla metà  del 2013. Secondo alcuni membri, la bassa inflazione e l’alta disoccupazione potrebbero garantire tassi bassi più a lungo. «La politica deve essere in linea con l’economia non con il calendario» afferma Charles Plosser, presidente della Fed di Philadelphia.


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