Teheran, la rappresaglia degli europei via i diplomatici, stretta sulle sanzioni

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Com’era nelle attese di chi l’aveva orchestrato, l’assalto degli “studenti” all’ambasciata britannica a Teheran ha provocato un’accelerazione nel confronto tra Iran e Occidente. La Gran Bretagna richiama in patria il personale diplomatico e dà  48 ore ai diplomatici iraniani a Londra per lasciare il paese. Londra, che già  aveva rescisso tutti i rapporti finanziari con l’Iran, intende discutere con gli altri Stati membri della Ue nuove sanzioni contro Teheran. «Che siano paralizzanti per il Paese», ha detto il ministro degli Esteri francese Juppé unendosi alla richiesta. Parigi, insieme a Berlino e Oslo, hanno poi richiamato i rispettivi ambasciatori in patria.
Le immagini dei giovani che si arrampicavano sui cancelli dell’ambasciata rompendo i vetri con mazze di ferro e appiccando il fuoco hanno avuto il loro effetto. Soprattutto lo ha avuto la vista di decine di poliziotti che stavano a guardare senza di intervenire. «È assurdo – ha detto Hague – che l’assalto sia potuto avvenire senza un certo consenso del regime». La Tv di Stato aveva mandato in onda in diretta l’azione «di studenti mobilitati per esprimere la loro critica alla politica ostile della Gran Bretagna»: coreografia che richiamava alla mente gli «studenti khomeinisti» che assaltarono l’ambasciata americana nel ’79. E, chiede Fatemeh Haghighaju, ex deputata oggi in esilio, come potrebbe formarsi oggi a Teheran un assembramento di centinaia di persone quando basta che ci siano cinque giovani insieme perché la polizia li disperda?
Che il regime non solo abbia tollerato, ma abbia attivamente orchestrato l’assalto lo pensano in molti a Teheran. Perché lo abbia fatto riguarda ancora una volta la furibonda lotta di potere interna al regime, tra Guida Suprema e presidenza, tra Khamenei e Ahmadinejad, e tra parlamento e governo. Esemplarmente contraddittorie sono state le reazioni all’assalto. Il ministero degli Esteri iraniano ha manifestato costernazione: in un comunicato – prontamente tradotto e diffuso da alcune ambasciate in Europa – ha deplorato gli avvenimenti e «l’inaccettabile comportamento di alcuni manifestanti», e il vicecapo della polizia Radan si è affrettato a far sapere che erano state prese misure per arrestare al più presto i responsabili dell’aggressione. Ma la linea ufficiale del regime, difesa ieri mattina dal presidente del Parlamento Ali Larijani (beniamino della Guida Khamenei e in corsa per le future elezioni presidenziali) è che la collera degli studenti “è la conseguenza di secoli di tentativi di dominazione della Gran Bretagna”. “La condanna dell’Onu è un passo avventato” ha detto Larijani. Per il Leader Supremo l’isolamento dall’Occidente e la crescita del potere regionale sono una garanzia di sopravvivenza della Repubblica Islamica.
L’accelerazione del confronto era cominciata dopo la pubblicazione dell’ultimo rapporto dell’Aiea sul programma nucleare iraniano a cui erano seguite sanzioni durissime da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti. A questo vanno aggiunte le recenti misteriose esplosioni che Teheran ha cercato di minimizzare, ma che secondo l’intelligence israeliana avrebbero colpito basi militari: l’ultima lunedì a Isfahan in un compound dove sembra si sviluppassero i missili Shabab. Poche settimane prima un’altra esplosione in una base dei pasdaran aveva provocato la morte di una ventina di persone tra cui un alto ufficiale esperto di missili e prima ancora c’erano stati attentati contro scienziati nucleari. Il presidente Ahmadinejad invece, che pure deve al Leader la sua contestata elezione nel 2009, insieme alla sua cerchia di consiglieri tra i quali il capo dello staff Mashaei, è disposto a una trattativa con l’Occidente.


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