La Cina blocca l’import di olio made in Italy
MILANO – Sembra il colmo, ma è così: il Paese che tarocca di più al mondo, quello con il record della contraffazione (non solo) alimentare, blocca l’olio d’oliva italiano perché ritenuto poco made in Italy. Dopo l’inchiesta di Repubblica sul business dell’extravergine taroccato – venduto come prodotto italiano ma in realtà ottenuto reimbottigliando miscele low cost provenienti da Marocco, Tunisia, Spagna, Grecia – a Shanghai, la città più popolosa della Cina, hanno deciso di vederci chiaro. Le autorità doganali hanno «congelato» le importazioni di olio d’oliva dal nostro Paese, e messo sotto controllo tutte le bottiglie in circolazione. Risultato: sugli scaffali di numerosi negozi e centri commerciali, le confezioni di extravergine italiano sono sparite (in attesa di istruzioni). Nel mirino degli ispettori anticontraffazione cinesi sono finite 13 aziende italiane, le stesse sulle quali – lo abbiamo scritto il 23 dicembre – stanno indagando il Corpo Forestale dello Stato e la Guardia di Finanza (in collaborazione con Coldiretti). In base ai primi accertamenti – l’inchiesta è ancora in corso, per non pregiudicarne gli esiti abbiamo tenuto coperti i nomi dei marchi – su cinque bottiglie di olio d’oliva italiano quattro conterrebbero olio miscelato. La notizia – come scrive il quotidiano Shanghai Daily – sta avendo una forte eco in Cina. Rimbalza, oltretutto, in un momento particolare: alla fine di gennaio cade il capodanno cinese, la più importante festività del Paese durante la quale si scambiano pacchi regalo contenenti, assieme al vino e a altri prodotti, anche il nostro olio. Tra gli importatori, sia italiani che cinesi, c’è molta preoccupazione: l’Italia è il secondo esportatore (dopo la Spagna) di olio, sia d’oliva che extravergine, in Cina. Nel 2011 ha occupato quote di mercato – rispettivamente – del 24,09% e del 33,61%, con 6.500 tonnellate di olio di oliva spedite nel paese del Dragone. Del caso extravergine taroccato sono stati interessati sia il consolato italiano a Shanghai che l’ambasciata a Pechino. «È vero, un po’ di preoccupazione c’è ma alla fine i produttori italiani ne trarranno giovamento – dice Stefano Masini, responsabile consumi di Coldiretti -. L’attenzione delle autorità cinesi verso l’olio made in Italy andrà a vantaggio dei produttori italiani e degli esportatori seri. Se i cinesi vogliono operare in trasparenza e mettersi al riparo da imbrogli, ben venga: è così che bisogna fare».
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