l’Antitrust e i Monopoli «Invisibili»

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Ma quali sono i trust contro i quali combatte l’Antitrust? E come coniuga, il collegio presieduto da Giovanni Pitruzzella, la politica della concorrenza con la politica industriale nel momento in cui rivolge 90 pagine di raccomandazioni al governo? Il documento del 5 gennaio riassume buona parte del politically correct pro concorrenziale degli ultimi 15 anni. Esalta l’introduzione dell’Autorità  dei trasporti. Invita a liberalizzare i servizi pubblici locali, aggirando i referendum. Esorta le Regioni a fare le gare per il trasporto ferroviario locale e propone di penalizzare quelle che insistono nell’affidamento diretto alle Fs. La prova del nove saranno le prescrizioni dei bandi in termini di sicurezza, affidabilità  economica e disponibilità  ad accollarsi la polpa e le ossa in concreto, ma l’intenzione è buona. L’Antitrust auspica la riduzione della durata delle concessioni autostradali, incurante delle conseguenze negative sull’incasso dello Stato concedente. Suggerisce di conferire il Banco Posta a una spa, che tuttavia collocherà  ancora le obbligazioni della Cassa depositi e prestiti, garantite dal Tesoro. Riparla dei notai, dei farmacisti e dei taxisti. È durissimo sull’orario dei negozi. Ma sulle questioni che interessano i poteri forti delle banche e della televisione l’Antitrust sorvola, mentre riapre il discorso sull’energia.
A quanto serve l’aggregazione dei benzinai contro le catene delle major se il prezzo dei carburanti lo formano lo Stato con le imposte e le accise e i petrolieri? Per la concorrenza nel gas si vorrebbe far avere più informazioni ai venditori che non dispongono di proprie reti fisiche di distribuzione da parte di quelli che le hanno. Si tratta di notizie tecniche utili, ma poca cosa rispetto a quelle del mercato all’ingrosso, controllato dall’Eni e basato sui contratti take or pay e i relativi ricarichi alle frontiere. D’altra parte, oggi Snam rete gas fa anche il dispacciamento e dunque ottiene notizie da tutti, anche dai concorrenti del suo padrone Eni. Di qui la necessità  di una separazione gestionale che sarebbe più sicura se fosse radicata in una separazione proprietaria. In materia, l’Antitrust riapre uno spiraglio. Ancora con timidezza. Ma poi invoca agevolazioni (sic!) per costruire nuovi rigassificatori e gasdotti. Perché quando l’Autorità  per l’energia riconoscerebbe in tariffa la remunerazione dell’investimento e una Snam rete gas indipendente avrebbe convenienza a farli? La questione delle reti è delicata. Perché alcune, come quelle elettrica e gasiera, possono essere remunerate da chi le usa e altre, come quella ferroviaria e autostradale, hanno bisogno di contributi pubblici a fondo perduto. Come ci si regola con l’operatore privato beneficiario? È in queste scelte che la politica della concorrenza si coniuga con la politica industriale.
L’Eni non gradisce radicalismi su Snam. L’Europa la copre. L’amministratore delegato, Paolo Scaroni, persegue il progetto della rete europea integrata del gas. Una buona idea. Ma meglio perseguirla con l’Eni in accordo con gli ex monopolisti francesi e tedeschi o con una Snam rete gas indipendente, hub gasiero meridionale dell’Europa? Il punto è che non tocca all’Eni fare la politica energetica del Paese. Pitruzzella ha riaperto il discorso. Sta ora al premier e ministro dell’Economia, Mario Monti, concluderlo. Nel frattempo, si potrebbe rendere accessibile al pubblico il bando sugli investimenti elettrici in Montenegro cui ha partecipato solo A2A, caricandosi di costi assai alti.
Colpisce leggere le segnalazioni sul mercato finanziario (il ricalcolo della Rc Auto piuttosto che delle commissioni interbancarie) mentre Unicredit crolla in Borsa e il sistema della banca universale, costruito dal Testo unico bancario del 1993, fa acqua da tutte le parti. Forse Pitruzzella dovrebbe dirci se, per l’Antitrust, quel modello che fa mestieri in conflitto d’interessi va ancora bene, se non sia arrivato il momento di smontare i colossi bancari, se e a che cosa e a che serva l’attuale mercato finanziario. Che tanto ricorda i money trust di Wall Street contro cui si scagliava, inascoltato fino al crac del 1929, il grande giurista americano Louis Brandeis.
Ultima, ma non ultima, la televisione. Il duopolio perfetto Rai-Mediaset si prende una quota altissima della pubblicità  in generale e di quella televisiva in particolare. A fine 2004, un vecchio collegio Antitrust, quello presieduto da Giuseppe Tesauro, ne mise in luce gli effetti distorsivi della competizione in un settore che ha non solo un rilevante peso economico ma anche un ancor più penetrante impatto politico e culturale. Si può capire la prudenza del governo, che deve prendere i voti del Pdl su misure più urgenti e comunque, annuncia il ministro Corrado Passera, rivedrà  l’assegnazione gratuita delle frequenze alle tv. Non si capisce perché l’Antitrust, praticando la sua indipendenza, non alzi la voce. Fosse pure per dire, se questo è il suo pensiero, che il buon Tesauro aveva torto e che, invece, ha ragione Fedele Confalonieri.


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