«Un centrosinistra ampio e coeso per uscire col voto dalla crisi»

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Sostenere il governo Monti è stata una scelta generosa, responsabile. Il Pd ha fatto bene, anche se penso che avrebbe vinto facilmente le elezioni. Non potevamo far affogare il Paese con conseguenze drammatiche soprattutto per i ceti più deboli. Ma oggi bisogna anche evitare che ad annegare sia il centrosinistra. Dobbiamo porci l’obiettivo delle elezioni per uscire dalla crisi con una svolta progressista, di cambiamento profondo della politica e delle scelte sociali ed economiche».
Giuliano Pisapia guarda al futuro del Paese iniziando il nuovo anno sul fronte dell’”Area C”, cioè la zona del centro di Milano dove dal 16 gennaio le auto potranno circolare solo a pagamento. È un provvedimento forte, europeo, che alimenta polemiche e divisioni, ma per il sindaco di Milano questa battaglia segna il passaggio dalla fase dell’emergenza allo sviluppo, al cambiamento anche culturale della città . È un esperimento importante, assieme ad altri progetti, perchè misura la credibilità  di un’amministrazione di dare risposte ai cittadini, con la consultazione, la trasparenza delle decisioni giuste o sbagliate che siano, la determinazione nel difendere gli interessi prevalenti della comunità . Di Milano «che può ripartire nel 2012» e della crisi che «ci lascerà  ben diversi dal passato» il sindaco parla con l’Unità .
Sindaco Pisapia, qual è il suo giudizio sul governo Monti e la sua prima manovra?
«Monti è una necessità , anzi è un imperativo nella situazione in cui ci aveva trascinato Berlusconi. Penso che solo un governo come questo sia in grado di decidere velocemente i provvedimenti indispensabili a salvare il Paese, provvedimenti tanto impopolari quanto è grave la nostra situazione. La credibilità  e la capacità , anche tecnica, del governo Monti sono oggi i fattori su cui deve fare affidamento anche la politica per evitare che il Paese affondi».
In altri tempi avremmo definito Monti e la sua manovra semplicemente di “destra”. È l’emergenza che fa cambiare i giudizi?
«Questa crisi ci sta cambiando e ci lascerà  profondamente diversi dal passato. Non mi sfugge che i provvedimenti di Monti sono pesanti e colpiscono chi già  fa il suo dovere. Per questo mi aspetto al più presto una correzione, proposte finalizzate a una maggiore equità  e giustizia sociale, sostegni alla ripresa e per i ceti sociali più deboli. Monti ha deciso misure straordinarie perchè questo momento è straordinario nella sua gravità , ma la stagione dell’emergenza deve avere un limite. È necessario, anche per confermare le nostre basi democratiche, che siano gli elettori a scegliere i governi».
Le ipotesi di riforma del mercato del lavoro hanno riproposto la modifica dello Statuto dei lavoratori e il superamento dell’art.18. Cosa ne pensa? «Penso che il governo tecnico non possa ripercorrere una strada dove hanno già  fallito politicamente Berlusconi e Sacconi. Spero che il governo abbia capito che oggi non c’è bisogno di creare e alimentare altre tensioni sociali. È poi il problema non è certo l’articolo 18, non è questo che frena lo sviluppo e la creazione di posti di lavoro. Lo sanno tutti, compresi gli imprenditori, almeno quelli che non sognano vendette ideologiche».
Non teme che il centrosinistra possa uscire logorato da un lungo sostegno al governo tecnico?
«Questo è il momento della responsabilità . Ma il centrosinistra deve prepararsi a una nuova stagione politica, deve essere pronto per la prova elettorale, con un programma, un disegno politico preciso e credibile, aperto alla società  e alle associazioni. Sostenere Monti e pensare al voto non è una contraddizione, serve anche a evitare lacerazioni nel centrosinistra. Questa crisi e dico anche le dure scelte di Monti approvate dal Pd devono servire per costruire una proposta nuova, seria, credibile per il futuro del Paese. Possiamo farcela se ripartiamo dal basso, se evitiamo divisioni e polemiche inutili, se ci poniamo l’ambizione di uscire a “sinistra” dalla crisi. Dobbiamo puntare su un allargamento delle alleanze, su un centrosinistra ampio e coeso».
Lei è sindaco di Milano da sei mesi. In che punto si trova?
«Penso di essere uscito dalla drammatica emergenza in cui la mia amministrazione si è trovata nei primi mesi a causa delle scelte realizzate dalle giunte di destra. Abbiamo riavviato il progetto Expo 2015, abbiamo sistemato i conti e rispettato il Patto di stabilità  e ora penso che, malgrado la crisi del Paese, Milano possa ripartire nel 2012. Dico che Milano riparte perchè vedo in città  una grande partecipazione e disponibilità  da parte di tanti soggetti, dal mondo del lavoro alle imprese, dalla società  alle associazioni». Come sta incidendo la crisi economica sul tessuto sociale?
«In città  ci sono sacche di povertà , anche di nuove povertà , preoccupanti. C’è chi ha perso il lavoro, lavoratori in cassa integrazione che non ce la fanno, famiglie in difficoltà . L’obiettivo prioritario dall’amministrazione è fronteggiare queste situazioni, mobilitando tutte le risorse possibili e chiedendo la partecipazione di tutte le forze sociali. Oltre alla Fondazione Welfare che ha iniziato ad operare, in questi giorni abbiano recuperato 5 milioni di euro nelle pieghe del bilancio da utilizzare in aiuto dei precari».
Lei ha deciso di vendere una quota della Sea (la società  che gestisce gli scali di Linate e Malpensa) per rispettare il Patto di stabilità . Altri suoi colleghi, invece, pensano di violarlo…. «Penso che il Patto vada cambiato, ma Milano ha deciso di rispettarlo e vogliamo restare un comune virtuoso. Abbiamo venduto la quota Sea, di cui manteniamo comunque il 51%, anche per pagare le centinaia di aziende che attendevano i soldi all’amministrazione, abbiamo dato una mano all’economia. Le precedenti giunte di Milano abbellivano i bilanci grazie al fatto che non pagavano le fatture. Oggi siamo nelle condizioni di far ripartire gli investimenti, di realizzare progetti e tutti i giorni ricevo sollecitazioni, offerte da parte di governi e imprese, soprattutto delle economie emergenti, interessati a investire a Milano». Come conseguenza del riassetto azionario della Edison si è aperta una discussione sul futuro di A2A, la società  di cui il Comune di Milano assieme a Brescia ha una ricca partecipazione. La venderete?
«Il dibattito di questi giorni è surreale. La giunta non ha affrontato il tema, lo discuteremo insieme al bilancio 2012. A titolo personale mi pare che A2A, oltre a generare dividendi che servono sempre, possa essere il perno di un grande progetto industriale che potrebbe coinvolgere le altre ex municipalizzate del Nord. È possibile pensare che Milano, Brescia, Bologna, Torino lavorino insieme alla creazione di un forte operatore industriale, a controllo pubblico? Questo mi sembra la sfida dei prossimi mesi».
I poteri economici e finanziari di Milano stanno cambiando. Berlusconi non è più al governo, Ligresti è in gravi difficoltà , il San Raffaele ha perso il suo leader Don Verzè e avrà  presto una nuova proprietà . C’è un filo che lega questi fatti?
«Non entro nel merito di singole vicende imprenditoriali. Ogni azienda ha la sua storia e i suoi problemi. Quello che posso dire, in linea generale, è che c’è un cambiamento profondo in città  nei rapporti tra i poteri dell’economia, della finanza e la politica. La mia amministrazione non dipenderà  mai da quei poteri, da quegli interessi che, in passato, hanno sempre fatto quello che volevano»


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