Francia: la Monsanto lascia Parigi per il clima “velenoso” (quasi come i suoi pesticidi)

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La dubbia etica di questa multinazionale plurirecidiva che sembra aver anteposto il business alla salute non è certo una novità . Come denunciato nel libro e dvd inchiesta di Marie-Monique Robin Il mondo secondo Monsanto, “si tratta di un’azienda imputata più volte per i problemi correlati ai danni dei suoi prodotti”. Pcb, Agente Arancio, Diossina, Aspartame, ormone della crescita ed erbicidi come il Lasso e il Roundup sono nomi di prodotti che hanno fatto la fortuna della Monsanto, ma che sono stati tutti collegati a scandali sanitari e a dei processi che hanno portato spesso alla loro proibizione, ma a rari rimborsi. Almeno fino ad oggi, quando, nonostante l’aziendadichiari con ambiguità  che “I prodotti della Monsanto sono conformi alle esigenze di sicurezza valide al momento della loro commercializzazione […] per quello che concerne la valutazione scientifica della sicurezza dei prodotti per la protezione delle piante” si trova ora costretta a risarcire i danni Paul Francis, cerealicoltore 47enne di Bernac (Charentes), per “non aver informato in etichetta circa l’esatta composizione dell’erbicida, il rischio di una eventuale inalazione e l’obbligo ad indossare sempre una maschera protettiva”.

Il caso risale all’aprile 2004, quando Francis aprendo il serbatoio di un nebulizzatore è stato travolto dai vapori di Lasso che gli ha procurato nell’immediato nausea e svenimenti, più una serie di disturbi come balbuzie, vertigini e cefalee, che lo hanno costretto a sospendere il lavoro per quasi un anno. Nel maggio del 2005, da alcune analisi effettuate, è risultato che Paul Francis aveva in corpo tracce di monoclorobenzene, un solvente presente nel Lasso. Tre anni dopo, Francis, divenuto nel frattempo portavoce delle vittime dei pesticidi, si è visto riconoscere i suoi problemi di salute come malattia professionale da parte dell’Agenzia delle assicurazioni sociali per l’agricoltura e ha, quindi, avviato un procedimento per risarcimento danni nei confronti della Monsanto che ricorrerà  in appello “perché – ha dichiarato – non è stato stabilito un legame sufficiente tra l’uso del Lasso e i sintomi accusati” dall’agricoltore francese.

Comunque vada “questa è una decisione storica, per la prima volta un produttore di erbicida è considerato colpevole di avvelenamento. La sentenza farà  da volano ad altre denunce e sarà  ora possibile mettere sotto processo le multinazionali dell’agrochimica nel momento in cui sia chiaro la relazione tra intossicazione e prodotto chimico” ha affermato Stéphane Cottineau, avvocato specialista in cause ambientali sentito da Slow Food. La stessa soddisfazione è stata espressa dall’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (Aiab): 

“Apprendiamo con soddisfazione la notizia della condanna della Monsanto – ha dichiarato Alessandro Triantafyllidispresidente nazionale di Aiab – una sentenza importante, che in Francia è una prima assoluta, e che apre la strada alla richiesta di danni”. Vicende giudiziarie a parte, il caso è l’ennesima tragica dimostrazione di come il modello agroindustriale sia fallimentare. Perché propone un modello di sviluppo che non rispetta né l’ambiente, né il benessere di animali e lavoratori. Per questo, “per tutelare l’ambiente e la salute degli agricoltori – ha concluso Triantafyllidis – bisogna investire nei modelli di agricoltura agro-ecologica sostenibili, biologico in primis. Solamente il biologico, infatti, ha nel suo dna il bando delle dannose e pericolose sostanze chimiche di sintesi”.

Ma a Parigi non è solo il caso Francis a tenere gli occhi puntati sulla multinazionale a stelle e strisce. Il Governo francese ha attaccato lunedì scorso Monsanto anche per gli effetti degli ogm, ed in particolare di quelli del mais geneticamente modificato MON810 che non sembra si limiti a minacciare la biodiversità  delle colture, ma pare contempli “rischi significativi per l’ambiente e la salute”, ha fatto sapere il ministero dell’Ambiente francese in una nota. Notizia confermata anche dai risultati pubblicati recentemente sulla rivista International Journal of Biological Sciences che parlano di grossi danni agli organi dei mammiferi provocati proprio da un noto mais ogmdella Monsanto diffuso per la sua fama di essere resistente alla siccità .

Così, anche in seguito al blitz di due settimane fa all’interno del centro di ricerca della Monsanto a Trèbes-les–Capucins di alcuni attivisti No-Ogm, che avrebbero trovatosacchi di mais MON810 trattati con il Poncho 2, un potente pesticida prodotto da Bayer (già  sotto accusa per la moria di api), il ministro delle Politiche Agricole Bruno Le Maire e quello dell’Ecologia Nathalie Kosciusko-Morizet hanno confermato la moratoriaindetta quattro anni fa per la coltivazione del mais della controversa azienda. Una decisione in netta contrapposizione con il parere negativo espresso lo scorso novembre dalla Corte suprema francese, in linea con la Corte di Giustizia europea, secondo le quali “non c’è alcuno studio che possa provare che gli ogm siano rischiosi”.

Non si è fatta attendete la replica della Monsanto che dopo aver dichiarato che “dal 2008 ad oggi, non ha venduto né sperimentato colture ogm in Francia in quanto i suoi stabilimenti potevano solo stoccare ed imballare sementi geneticamente modificate e convenzionali da destinare all’esportazione” ha in ogni caso annunciato che intendelasciare la Francia e l’Europa “per il clima di accesa opposizione da parte dell’opinione pubblica francese verso l’introduzione degli ogm”.

Una buona notizia e una bella vittoria alla luce della storia della Monsanto che ci richiama alla memoria le parole del padre di Slow Food Carlo Petrini: “Nelle campagne del mondo ci vogliono uomini, non multinazionali. Il cibo deve essere prodotto per essere mangiato, e non solo per essere venduto. Ne va della sovranità  alimentare dei popoli. Ne va della nostra libertà ”. Se non ci è dato sapere quali saranno in futuro gli effetti degli ogm sulla salute dell’ambiente e delle persone per ora è certo che essi sono di proprietà  di multinazionali che mirano a controllare il nostro cibo su scala globale, per vendercelo alle loro condizioni. Per questo, quando si prendono in considerazione i costi sanitari, economici e ambientali, diventa evidente che un’agricoltura biologica e sostenibile non è solo possibile, ma sempre più necessaria.


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