Garcà­a Lorca, ai vertici della passione

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La vita predestinata e difficile, infine una morte tragicaÈ davvero difficile non stimare in lui la grazia e il genio, il fascino e la simpatia. Quasi fosse un amico di famiglia. Sta nella schiera di chi si è donato completamente. Fino al martirio. Sempre dalla parte degli emarginati. Scegliendo di rimanere in Spagna, nonostante sapesse il rischio a cui andava incontro. Per questo nel leggere i suoi versi proviamo sentimenti, rivelazioni, ispirazioni ogni volta differenti. Ancora oggi, a 75 anni compiuti dalla morte, Federico Garcà­a Lorca, uno dei più grandi poeti di tutti i tempi, prende il lettore quasi per mano e non lo abbandona più. «Ah che fatica mi costa, amarti come ti amo!», sussurra al proprio uomo con il cuore spezzato. Perché il suo è un amore disperato, straziante, segreto. L’atto sessuale va così a coincidere con la morte, ossessionato com’è dall’impossibilità  di essere eguale agli altri. Federico era una creatura magica, ispirata, femminea, limpida come acqua sorgiva, che a metà  degli anni Venti e fino alla morte incantava gli spettatori recitando e cantando in preda al duende, energia emotiva, estasi, vertigine, eccitazione, forza fascinosa del gitanismo dionisiaco quando, durante le performance, si accompagnava col piano o la chitarra. Le sue poesie sono modulate non solo per essere lette in un libro, ma dette ad alta voce, o meglio, interpretate in pubblico. 
Nato il 5 giugno 1898 a Fuente Vaqueros, nel 1909 Federico si trasferì con la famiglia a Granada. Nel 1919 andò a proseguire gli studi universitari a Madrid alla prestigiosa Residenza degli Studenti dove Federico non tardò a diventare assai popolare. Divenne amico intimo di Louis Buà±uel e Salvador Dalì. Nel 1920 Lorca scrisse la pièce Il maleficio della farfalla, allestita al Teatro Eslava di Madrid. Fu un vero fiasco. Gli spettatori non apprezzarono la storia dell’amore impossibile di uno scarafaggio per una farfalla, che rispecchiava il dramma autobiografico dell’autore. Federico era un angelo impetuoso attraversato da ossessioni ricorrenti, depressione, sconforto e lacrime: percepiva l’amore come fonte di struggimento. Perché la gente a Granada o a Madrid sapeva e disprezzava. Lui non frequentava i postriboli. Quando il poeta passava per le vie, lo chiamavano «marica», vale a dire «femminuccia, checca», una donna nel corpo di un uomo. 
Intanto l’amicizia con Dalì si era trasformata in un autentico trasporto amoroso reciproco. Federico gli dedicò una celebre Ode. Il successo popolare di Lorca si concretizzò nel 1928 con la raccolta Romancero gitano, che descrive il sentimento di fatalità , mistero e dolore del mondo andaluso. Un successo non privo di amarezza: Buà±uel e Dalì lo accusarono di essersi adagiato nella tradizione del più sguaiato folklore. Addirittura Buà±uel gli rispose con la silloge Un perro andaluz («Un cane andaluso»). E quel «cane» era un epiteto rivolto al poeta. Lorca ne restò irrimediabilmente offeso. Nel 1929 Buà±uel e Dalì a Parigi girarono Un chien andalou. Il titolo richiamava alla diatriba con Lorca. Il film è un manifesto del cinema surrealista: celebri le sequenze dell’occhio di donna sezionato e della mano da cui escono formiche. In questo periodo Lorca vide anche franare il suo rapporto con lo scultore Aladrén, che si sposò. Non restava che cambiare aria.
Federico decise di partire per New York. Qui prese forma il suo autentico capolavoro poetico. Il libro Poeta en Nueva York, composto tra il 1929 e il 1930 ma pubblicato postumo nel 1940, comprende dieci gruppi di liriche, tra cui l’Ode a Walt Whitman, oltre alle composizioni nate nel periodo cubano, e costituisce un superamento della poetica precedente. Lorca descrive la città  nordamericana come meccanismo stritolante e implacabile, alle cui vittime il poeta guarda con occhio commosso e sensibile. Scrisse: «Io credo che il fatto di essere di Granada mi spinga all’umana comprensione dei perseguitati, del gitano, del negro, dell’ebreo… del moro, che noi tutti ci portiamo dentro»! Rientrato in Spagna, nel 1932 diresse il gruppo di teatro La Barraca, per portare i classici fino nei paesi più remoti della Spagna. 
Lorca descrisse con originalità  lo spettacolo del mondo, elevando la propria terra, l’Andalusia, a paesaggio universale. Fu il precursore della nuova funzione della letteratura, la poesia impegnata. Per questo venne giustiziato. Affermò che un artista non deve fare politica, non deve cadere nel vicolo cieco delle ideologie, ma rimanere sempre «anarchico». Lorca sottolinea: «Io sono uno Spagnolo integrale e mi sarebbe impossibile vivere fuori dai miei limiti geografici; però odio chi è Spagnolo per essere Spagnolo e nient’altro, io sono fratello di tutti e trovo esecrando l’uomo che si sacrifica per una idea nazionalista, astratta, per il solo fatto di amare la propria Patria con la benda sugli occhi». 
Lo scoppio della guerra civile il 17 luglio 1936 trovò Lorca a Granada. Il 16 agosto il sindaco socialista di Granada — cognato del poeta — venne fucilato. Federico, che si era rifugiato in casa dell’amico poeta falangista, Luis Rosales, fu arrestato lo stesso giorno. Il governatore José Valdés Guzmà¡n diede ordine segretamente di procedere all’esecuzione senza processo: a notte fonda, Federico fu condotto a Và­znar, e all’alba del 19 agosto venne fucilato sulla strada vicino alla fontana grande, sotto un olivo. Il corpo fu gettato in una fossa comune. «Quando morirò, / seppellitemi con la mia chitarra / sotto l’arena», canta il poeta. Durante la dittatura franchista i libri di Lorca vennero messi all’indice. Bando in parte rotto nel 1953, quando venne concessa l’edizione del volume Opere complete, pesantemente censurato. 
Solo dopo la morte del Generalissimo, il 20 novembre 1975, fu possibile in Spagna pubblicare nuove edizioni delle poesie e dei testi teatrali di Lorca. Nel 1983 un amico del poeta, che possedeva una copia manoscritta degli undiciSonetti dell’amore oscuro, realizzati tra il ’35 e il ’36, letti agli amici più intimi e poi, si credeva, perduti, la stampò clandestinamente e la spedì ai giornali spagnoli. La famiglia fu così costretta ad ammetterne l’esistenza, negandone però il carattere omosessuale. Eppure non si tratta di un’opera rivoluzionaria: Lorca non riuscì mai ad accettarsi, ossessionato dalla sterilità  del rapporto gay. Così l’amore diventa non solo sofferto, complicato, angosciante, si fa sempre più oscuro. Ma ciò che conta comunque è l’amore. Scrive Lorca in una sorta di slogan: «La poesia non cerca seguaci, cerca amanti».


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