Hillary: “Una farsa il voto all’Onu sulla Siria”

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NEW YORK – L’America non permetterà  che il vergognoso stallo alle Nazioni Unite lasci affogare nel sangue le proteste che infiammano la Siria: ma l’America è pronta a sostenere anche il Libero Esercito di Siria che sta trasformando la rivolta in guerra aperta al regime di Bashar Al Assad?
La tragica escalation della repressione sta accelerando gli sforzi diplomatici del mondo libero e il segretario di Stato Hillary Clinton ha rotto gli indugi lanciando la coalizione degli «amici della Siria democratica». La comunità  internazionale ha il dovere di fermare il bagno di sangue e «quello che è accaduto alle Nazioni Unite è una farsa» ha detto da Sofia il capo della diplomazia americana. Hillary è ancora furioso per il no di Russia e Cina alla risoluzione Onu che avrebbe aperto la strada al piano preparato dalla Lega araba: e che prevedeva il passaggio del potere da Assad al suo vicepresidente e la formazione di un governo di unità  nazionale. Pechino e Mosca temono che la caduta di Damasco sia l’ultimo tassello dell’«americanizzazione» del Medio Oriente portata dal vento della Primavera Araba: e temono naturalmente che quel vento possa soffiare presto anche sulle loro ex piazze rosse. Ma la Clinton non si arrende. «Di fronte alla neutralità  del Consiglio di Sicurezza doppia raddoppiare gli sforzi al di fuori delle Nazioni Unite con i nostri alleati e partner che sostengono il diritto del popolo siriano a un futuro migliore».
Ma come funzionerebbe la coalizione degli amici? Il «disgustoso» voto al Consiglio di Sicurezza – il copyright è dell’ambasciatore Usa all’Onu Susan Rice – ha ridato baldanza al regime all’indomani della strage che ha Homs ha fatto più di 200 morti.
Un giornale di Damasco ha salutato la decisione del Palazzo di Vetro confermando che il governo va avanti nella sua politica di rimettere ordine nel paese: un modo ipocrito per dire che i massacri andranno avanti. La Clinton l’ha detto al collega russo Sergey Lavorov: «Bloccare questa risoluzione vuol dire assumersi la responsabilità  di questi orrori». Ma il piano B avanzato dagli americani è ancora ambiguo.
Anche Radwan Ziadeh, uno dei leader dell’opposzione del Syrian National Council, invoca la creazione di una «coalizione internazionale» guidata da Francia, Usa e paesi arabi «il cui scopo sia quello di sostenere la rivoluzione attraverso aiuti politici ed economici». Il precedente più vicino è quello del Gruppo di Contatto che ha sostenuto l’opposizione libica. Ma lì c’era dietro una risoluzione dell’Onu e quel Gruppo era incaricato di gestire anche le operazioni militari della Nato autorizzate dalle Nazioni Unite. Hillary ieri ha fatto la voce grossa giurando che l’America «lavorerà  per denunciare gli stati che stanno ancora finanziando il regime e fornendo le armi che vengono usate contro i siriani senza difese, comprese donne e bambini». Il riferimento all’orso russo è evidente. Ma nessuno – e tantomeno il presidente Barack Obama che si prepara a una difficile rielezione – intravede per ora la possibilità  di un intervento internazionale: tanto più in un area che già  ribolle per le minacce dell’Iran e la tentazione di Israele di colpire preventivamente Teheran.
Un passo in avanti sarebbe appunto quello di sostenere il Libero Esercito di Siria formato dai fuoriusciti del regime. Ma con che tipo di aiuti? E nel nome di chi? Davvero senza le insegne dell’Onu la «coalizione di amici» sarebbe pronta a tanto?
Nell’attesa la Siria brucia. E in tutto il mondo – da Londra all’Australia passando per il Cairo – si scatenano le azioni di protesta con gli assalti alle ambasciate di Assad: finora l’unico sfogo tangibile di tante rabbia e indignazione.


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