La “malapolvere” che avvelena l’Italia

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In genere il “teatro civile” tratta vicende da cui il pubblico ha già  acquisito una minima distanza, emotiva e temporale. Come mai hai scelto di affrontare la vicenda Eternit, ancora così “aperta”?
È vero. Il dramma della Eternit è tutt’altro che finito. La fabbrica ha ucciso finora 1800 persone, per mesotelioma e asbestosi, a causa della polvere cancerogena del fibrocemento. E pur avendo chiuso i battenti nel 1986 continua a far ammalare chi ci lavorò e anche tanti cittadini che in quella fabbrica non hanno mai messo piede. Il picco del numero di malati si attende per il 2020. Da anni volevo affrontare questa storia. A Casale Monferrato abita una parte della mia famiglia e temevo di non avere la “giusta distanza” per affrontarla. Poi nel 2010 la giornalista Laura Carassai mi chiese di leggere un libro di Silvana Mossano, “Malapolvere” (edizioni Sonda, ndr). Questo testo mi ha fortemente ispirato. Ha alla base i fatti e i numeri di quella tragedia, ma in più uno sguardo attento alle storie delle persone. Sono partita da lì e ho letto tutto quanto è stato scritto e detto sulla fabbrica, dalla nascita, alla chiusura, al processo in corso, per poi raccontarlo da un punto di vista inedito, che mi consentisse di ritrovare quel distacco necessario, ma esprimesse il rispetto e l’ammirazione per Casale, i suoi abitanti e la loro coraggiosa battaglia per avere giustizia.
Quella dell’Eternit è una storia che “preme” per essere raccontata, con urgenza. Ci sono Paesi, dal Canada alla Russia, in cui si continua ad estrarre amianto, esportato in larga parte nei Paesi in via di sviluppo. Da tutto il mondo si guarda con attenzione al processo sulla fabbrica casalese e la sentenza del 13 febbraio avrà  delle ripercussioni tutt’altro che locali. Il teatro civile può essere un mezzo per gli spettatori di ascoltare, capire, interessarsi ad un problema che non riguarda soltanto le persone direttamente coinvolte, ma tutti noi, nell’immediato e anche nel futuro.

La fabbrica ha distrutto l’ecosistema di Casale Monferrato da ogni punto di vista: ha causato la perdita di vite umane, ha provocato danni psicologici in chi non si è ammalato, e vive – al pari degli abitanti di città  come Chernobyl – nel continuo timore di ammalarsi. Non da ultimo, il danno della Eternit è anche ambientale ed economico…
C’è un personaggio emblematico per quanto riguarda l’intreccio tra ambiente ed economia in questa vicenda. È Stephan Schmidheiny, ex proprietario della Eternit e imputato nel processo. Vi invito a visitare il suo sito personale, in cui si definisce un uomo d’affari e filantropo che mira a “creare prosperità  economica e sociale, proteggendo e rigenerando l’ambiente al tempo stesso”. Non una parola sullo scempio causato dalla sua azienda. E nel 2000 è addirittura stato direttore onorario del Consiglio mondiale per gli affari e lo sviluppo sostenibile. Un esempio sconcertante di quelle politiche di “green washing”, con cui ci si lava la coscienza dai danni inflitti all’ambiente per avidità  e profitto. Casale, nel frattempo, ha già  speso milioni di euro per acquistare la fabbrica, in fallimento, così da poterla bonificare. E poi ci sono tutti gli edifici della città  da rimettere a norma. Questi costi, ancora non quantificati con esattezza, si aggiungono al dolore, irrisarcibile, di chi ha visto amici, parenti e conoscenti morire di tumore o per asbestosi. E di chi vive con la paura quotidiana di ammalarsi.


Sono stati proprio i legali di Schmidheiny ad avanzare la proposta di un risarcimento milionario al Comune di Casale Monferrato, che avrebbe come contropartita il ritiro dell’Ente pubblico come parte civile nel processo. Come hai interpretato la decisione della Giunta di Casale, che a metà  dicembre sembrava orientata ad accettare questa forma di risarcimento?
Un piccolo Comune che si trova a dover fronteggiare emergenze enormi, se non ha un aiuto, si sente addosso un peso enorme. Deve rispondere ai suoi cittadini sia dal punto di vista etico, che economico. La paura che il risarcimento arrivi tra troppi anni, a fine processo, dopo i vari gradi di giudizio, mentre le emergenze da fronteggiare sono tante, aveva spinto la Giunta a considerare questa offerta. Ma quel denaro, quei poco più di 18 milioni di euro offerti, sono una cifra insignificante. Il Comune ha già  speso 37 milioni di euro per bonificare la città , prevede di spenderne ancora 30 solo per la bonifica dei tetti. E a questo preventivo mancano ancora molte voci, non solo per restituire un territorio sano ai propri cittadini, ma anche per fare ricerca sul mesotelioma, su come curarlo e come sconfiggerlo. 

Fortunatamente in questi giorni proprio il neo ministro della Salute Renato Balduzzi ha contattato il sindaco di Casale Monferrato, impegnandosi a sostenere il Comune se decidesse di non firmare l’accordo con Schmideiny…
Questo è un passo molto importante da parte del Governo. Non solo per Casale, che è solo l’esempio più eclatante di quanto sta accadendo in Italia a causa dell’amianto. L’eternit intossica Genova, Reggio Emilia, Bagnoli, la Sicilia… Se Casale, come credo, diventerà  l’avamposto per la ricerca sui siti avvelenati, sarà  una grande risorsa per tutto il Paese. Così, dal male terribile che ha colpito la città , potrà  scaturire qualcosa di buono e di utile. A disposizione di tutti. 


Per la costruzione dello spettacolo hai incontrato le persone che fanno parte del Comitato vertenza amianto. Cosa ti ha colpito di loro?
Mi ha colpito la loro estrema pacatezza, la loro ragionevolezza e la determinazione. Sono riusciti a bandire l’emotività  dalle loro azioni. Non si sono scoraggiati mai, non  hanno mai chiuso nessuna porta, mai lasciato alcuna via intentata. E la storia sta dando ragione a tutti loro e ai loro cari.

(Manuela Battista)


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