Lavoro, un documento comune L’ira dei commercianti: esclusi

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A questo puntano Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, nel vertice che si terrà  alle 9,30 nella sede degli industriali e che, in un primo momento, sembrava dover includere Rete Imprese Italia (che rappresenta commercianti e artigiani) e Abi (per il sistema bancario). L’esclusione, che pare proprio preordinata a eliminare eventuali motivi di frizione, avrebbe mandato su tutte le furie i commercianti, titolari di uno dei contratti collettivi più importanti, che coinvolge 3 milioni di lavoratori. 
Il timore delle piccole imprese ora è che Confindustria e i sindacati impongano loro di contribuire in misura maggiore al finanziamento degli ammortizzatori sociali, in particolare della cassa in deroga, cui il settore sostiene di aver versato 7 milioni di euro a fronte dei 335 milioni utilizzati. Ma Rete Imprese Italia, e in particolare i commercianti, promettono battaglia, puntando a dimostrare, ad esempio, che i versamenti in Inps e Inail per malattia sopravanzano l’utilizzo da parte dei lavoratori. La strategia, al tavolo con il governo, sarà  anche quella di dimostrare il contributo del terziario alla creazione di occupazione nell’ultimo decennio: 900 mila posti di lavoro a fronte di 350 mila lavoratori in meno nell’industria. Altri strali sono pronti contro il pubblico impiego, reo di alimentare il precariato.
Intanto per il leader della Uil, Luigi Angeletti, è possibile arrivare «largamente» a una «posizione comune» tra le parti. Un’ipotesi che il governo guarda con favore, per il sottosegretario ai rapporti con il Parlamento, Giampaolo D’Andrea che si è detto confortato da una tale ipotesi.
Per questo le parti dovrebbero cominciare dai temi di maggiore consenso comune, ad esempio il potenziamento dell’apprendistato quale contratto prevalente, che sembra trovare tutti d’accordo. Mentre qualche divergenza potrebbe emergere sulla tipologia dei contratti da sfoltire, rendendoli più costosi. 
Sugli ammortizzatori sociali Fornero ha già  rasserenato le parti lasciando capire che l’applicazione della riforma slitterà  di qualche tempo per non impattare sulla crisi. Confindustria e sindacati potrebbero convergere sulla necessità  di rendere esigibile la norma, già  esistente, in base alla quale chi, trovandosi in cassa integrazione, rifiuti un lavoro, perde il trattamento. La chiave potrebbe stare nel far confluire tutti gli adempimenti presso l’Inps che proprio ieri ha fatto sapere che, da ora in poi, le domande di cig ordinaria e straordinaria dovranno farsi on line. Un sistema che renderebbe da domani più controllabile la gestione dei trattamenti.
Quanto all’articolo 18, ieri il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, è stato chiarissimo: «Facciamo casino se lo toccano. Casino si fa quando serve». La prospettiva di una modifica si è allontanata da quando Fornero ha cominciato a parlare di forme di sperimentazione, solo sui nuovi assunti. Tuttavia il tema potrebbe ricomparire sul tavolo a fine trattativa, se questa prendesse una buona piega. L’ipotesi? Rendere possibili i licenziamenti individuali ma solo se sottoposti a accordi con i sindacati e tutelati con gli ammortizzatori sociali, non con un semplice indennizzo. Ma è presto per parlarne.
Le parti in campo hanno preso atto dell’iniziativa della commissione europea di inviare in Italia, già  questo mese, una task force per indicare quali finanziamenti provenienti dal Fondo sociale europeo o da altri fondi nazionali possano favorire l’occupazione giovanile. Ma non è detto che la task force non entri in partita, fungendo, come ha scritto ieri il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso al premier Mario Monti, da «catalizzatore nel dialogo con le parti sociali, integrando nel dibattito la conoscenza di buone pratiche di altri Stati membri». La task force «non è un commissariamento» ha avvertito ieri Fornero. Cui, in un’intervista radiofonica, Bonanni ha riservato una descrizione non proprio conciliante: «La vedo molto agitata. È agitata e sorride…». Ma meno corrosiva di quella destinata al leader degli industriali Emma Marcegaglia: «Più che il capo di Confindustria, mi pare una gentile signora di società …».


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