L’operaia di Milano ferita dal marito che voleva lasciare

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Ha cercato di difendersi e di scappare, nel piccolo salotto di casa, tra il tavolo e il divano. Ha cercato di scappare appena ha sentito il marito che rovistava tra le posate in cucina, e l’ha visto poi tornare sulla porta con un paio di forbici in mano. Lui l’ha colpita prima al fianco sinistro, un paio di volte; lei, ferita, ha provato ancora ad allontanarsi, ad uscire di casa; il marito l’ha raggiunta e le ha affondato le forbici nella schiena. Sabato pomeriggio, mancava poco alle sei, i carabinieri sono arrivati in via San Pietro, a Bollate, periferia nord-ovest di Milano. Hanno trovato Margherita, 38 anni, madre di un bambino di 12 (che è uscito di casa prima della lite tra i genitori), abbandonata a terra con il sangue che le impregnava il maglione. Hanno visto Giacomo, 47 anni, il marito, seduto sul divano con lo sguardo spento. Una rabbia cieca lo ha ossessionato per mesi. Lo ha indurito fin quasi a trasformarlo in assassino. Lo ha infine lasciato inerte e muto mentre i medici dell’ambulanza cercavano di salvare la moglie, e i carabinieri lo facevano alzare, per portarlo in caserma.
Sarebbe una storia da piccola cronaca e da periferia dell’informazione, questa di Bollate, se non rappresentasse le centinaia, forse migliaia di case in cui una vita familiare che si sfilaccia galleggia per mesi sul confine tra la tristezza e la violenza. Dicono ora i parenti e i vicini di casa che Margherita De Carlo volesse separarsi dal marito, che era stanca di liti. Parlano di «malessere», di «tensioni». Spiegano a mezza bocca quel che Giacomo Zagaria ha raccontato ai carabinieri di Rho solo qualche ora più tardi, dopo aver saputo come stesse la moglie: «Difficoltà  ad accettare» la volontà  di lei di separarsi. La donna è stata operata nella notte, le lame delle forbici sono penetrate tra le costole, le hanno toccato un polmone. I medici parlano di «prognosi riservata», per dire che le sue condizioni sono gravi, ma non dovrebbe essere in pericolo di vita.
La casa dove Margherita e Giacomo vivevano è al piano terra in un palazzo popolare, alla periferia di Bollate, che è poi la periferia di Milano. C’è una ferrovia dove passano i treni dei pendolari; la stazione di Bollate Nord. Via San Pietro è una strada isolata là  dietro, staccata dal paese. Poche case, qualche palazzo e poi i campi, che in questi giorni sono coperti di neve ghiacciata. È un territorio del grande passato industriale di Milano, dove ora però non ci sono più le grandi fabbriche e molte piccole imprese annaspano nella crisi. Giacomo Zagaria lavorava in zona, operaio metalmeccanico. Operaia anche la moglie, per una ditta di pulizie. Ha lavorato nello stesso ospedale dove è ricoverata, il «Sacco», appena dentro il confine di Milano.
Tra i pezzi di questa storia resta un bambino di 12 anni, ora affidato ai parenti della madre, e poi ci sono i vicini di casa. Sono stati loro ad avvertire i carabinieri dopo aver sentito le urla, il rumore delle sedie rovesciate. Si sono resi conto che stavolta le cose tra Margherita e suo marito stavano andando peggio del solito. Un uomo che abita nel palazzo è uscito di casa, probabilmente il suo intervento e quella chiamata al 112 hanno salvato la vita alla donna. E resta però aperta anche la questione più generale di come intercettare i segnali che precedono il rischio di un omicidio; la legge contro lo stalking ha dato alle forze dell’ordine e ai magistrati nuovi strumenti per intervenire, ma le mancate denunce da parte delle donne in difficoltà  e la burocrazia spesso ne frenano l’efficacia. Raccontano che sabato pomeriggio il marito di Margherita ha aspettato che il figlio uscisse, poi ha provocato la moglie. Succedeva da mesi.


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