Lusi, che fretta di chiudere

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ROMA – Ingranano tutte la quarta, le famiglie politiche che il tesoriere della Margherita Luigi Lusi (ex appena una settimana) ha inguaiato ammettendo davanti ai giudici di aver «distratto» 13 milioni di euro dalle casse della Margherita. 
I senatori democratici procedono con un’espulsione-lampo dal gruppo di Palazzo Madama, votata all’unanimità  dall’ufficio di presidenza dopo che Anna Finocchiaro ha inutilmente caldeggiato le dimissioni volontarie del collega. Quanto al partito, la commissione di garanzia presieduta da Luigi Berlinguer si dispone a un provvedimento altrettanto rapido, che però non dovrebbe andare oltre la sospensione visto che a norma di statuto l’espulsione se la meritano i condannati per reati di sangue, di mafia, di sfruttamento della prostituzione: non gli indagati di appropriazione indebita, neanche rei confessi. 
Ma questi sono dettagli. In casa Margherita – il partito che non c’è ma che tiene in vita un’assemblea federale proprio perché ancora soggetto a finanziamenti – invece valuta il risarcimento di 5 milioni di euro offerti da Lusi tramite fidejussione. Troppo poco. Perché, come aveva detto il presidente Francesco Rutelli da subito «intendiamo recuperare tutto il maltolto». Sul fronte giudiziario, i pm ieri hanno respinto la proposta dei legali di Lusi di patteggiare un anno. L’accordo potrebbe chiudersi con una condanna a 2 anni di reclusione (il massimo della pena è di 3 anni).
Ma se, come gli ex margheritini giurano, Lusi ha fatto tutto da solo, perché accettare di corsa la restituzione dei soldi e consentire la chiusura dell’inchiesta, alimentando il sospetto di scaricare le responsabilità  sulle spalle di un uomo solo? È quello che si chiedono in molti. Uno per tutti, il senatore Pd Ignazio Marino. Benché in queste ore il tesoriere democratico Antonio Misiani si sforzi di puntualizzare che Dl e Pd «sono due entità  ben distinte», è pur vero che la Margherita, dice Marino, «ha contribuito alla nascita del Pd, alla cui immagine di integrità  teniamo tutti», quindi, «sarebbe auspicabile che la Margherita chiedesse un processo per fare piena chiarezza. I dubbi e le ombre si possono fugare del tutto solo in un’aula di tribunale».
Ma da quest’orecchio i dirigenti ex margheritini, sia quelli rimasti nel Pd che quelli finiti nell’Api di Rutelli, non ci sentono. Così Enrico Letta chiede che «si riunisca al più presto, ad horas, l’organo di gestione della Margherita per chiarimenti e decisioni conseguenti». Così Rosy Bindi propone di «restituire dignità  alla politica con una legge sui partiti politici che dia attuazione all’articolo 49 della Costituzione». Proposte sacrosante. Ma che suonano fatalmente come diversivi rispetto alla fretta con cui il caso Lusi sta per essere chiuso.
Invece il caso Lusi, oltre a suggerire una riforma del finanziamento dei partiti (ma il radicale Mario Staderini ne propone l’abolizione e minaccia di un nuovo referendum per farlo a furor di popolo) si lascia dietro una coda di veleni. Per esempio il tesoriere, in occasione dell’approvazione del bilancio 2010, avrebbe pubblicamente sostenuto che una voce di bilancio piuttosto corposa (4 milioni) sarebbe andata a coprire le spese della campagna di Dario Franceschini alle primarie per la segreteria Pd. La smentita di Franceschini è netta con tanto di certificazione di spesa pari a 249mila euro «rispettosa del tetto stabilito dal regolamento di disciplina della campagna congressuale». Quella di Ettore Rosato, all’epoca responsabile del comitato franceschiniano è accompagnata dalla minaccia di agire «in sede penale e civile nei confronti di chiunque diffonda notizie false o diffamatorie». Franceschini giura di voler andare fino in fondo alla storia. 
Bel gesto infine di Stefano Fassina, il responsabile economico del partito, primo dei non eletti fra i candidati in Liguria, dove aveva vinto Lusi nel 2008: «Chiedo le dimissioni di Lusi da senatore e mi impegno a non subentrargli e lasciare il seggio a Brunella Ricci, di Imperia, dopo di me nella lista. Donna e ligure. Un piccolo risarcimento agli elettori liguri del Pd, alle migliaia di uomini e donne che con grandi sacrifici hanno fatto campagna elettorale per il Pd e per noi non liguri, paracadutati lì nel 2008». Ma delle dimissioni di Lusi da senatore, al momento, neanche a parlarne.


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