Napolitano: “Basta conservatorismi troppi ritardi su Province e riforme”

Loading

BOLOGNA – «Ci sono spinte troppo conservatrici. La coesione sociale non vuol dire immobilismo». Appelloa cambiare,a mettere in moto un nuovo modello di Italia, con meno soldi in tasca ma «più sobria e più giusta». Giorgio Napolitano chiude il viaggio a Bologna con un discorso che, dopo il richiamo ai partiti, stavolta si rivolge alle istituzioni politiche e anche ai sindacati. Una vera e propria scossa.

Sulla riforma del mercato del lavoro, è il senso della sollecitazione del capo dello Stato, dagli ammortizzatori all’articolo 18, dai contratti alla mobilità , è arrivato il momento di cambiare pagina. Al tavolo delle trattative col governo niente tabù, insomma. Ma la “campagna” contro la conservazione aperta dal capo dello Stato prende di mira anche gli assetti istituzionali, «nei rami alti e bassi». Vedi il caso della mancata abolizione delle Province, con tante promesse e pochi risultati.

Una polemica infinita. «Avanti e indietro, annunci e decisioni parziali». Per una faccenda che «andava risolta 42 anni fa», quando arrivarono i consigli regionali. Una questione perciò che va chiusa subito. «Dopo il primo decreto del governo Il sindaco di Torino Piero Fassino ha firmato l’appello delle Province contro l’abolizione tout-court.

“Il governo – dice l’esponente del Pd – apra un confronto con Regioni e enti locali sul riassetto istituzionale” Monti- incalza Napolitano- bisogna mettere bene a fuoco e non lasciare le cose a metà ». Così com’è successo con il federalismo: «Non lo possiamo certo lasciare a mezz’aria», rilancia il presidente della Repubblica. Polemizza con la Lega, e con i consiglieri comunali del Carroccio che hanno disertato l’incontro a Palazzo d’Accursio, «il partito di quelli oggi assenti mi ha accusato di non aver parlato di federalismo in non so quale discorso, ma non è un opzional è un dovere costituzionale». Previsto dal titolo V della Costituzione. Per cui «o si stabilisce che il percorso di riforma intrapreso non va bene, oppure va attuato». In sospeso anche le riforme istituzionali: «Siamo alle prese con una riforma del Parlamento, si parla del superamento del bicameralismo perfetto, e non sarà  facile venirne fuori». Per uscire dal tunnel della crisi, servono sacrifici. Per non lasciare sulle spalle dei giovani «l’eredità  spaventosa del debito pubblico». Viaggia ogni anno alla velocità  di 70 miliardi solo per interessi sui titoli di Stato. Una rischio non solo per il nostro paese ma che espone tutta l’Europa «al pericolo della deflagrazione». La riduzione del debito resta dunque la battaglia cruciale, «senza tagli alla cieca» però.

Ma per vincerla serve quella sfida alla conservazione che Napolitano lancia alle forze sociali. Disegnando come una nuova etica dell’austerità . «La coesione sociale è lo sforzo per evitare che diventino dirompenti gli inevitabili conflitti fra interessi diversi. Ma non può significare immobilismo». Certo, non tutti i gruppi sociali hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità , ma «ogni cosa è radicalmente cambiata». E la tempesta della crisi modificherà  la nostra vita, con «una diversa misurazione del concetto di benessere: saremo forse più poveri ma più attenti alla qualità  della vita». Comea Bologna. Il vecchio, caro modello emiliano che il capo dello Stato riscopre. «Sì, qui avete costruito un tipo di vita molto “socievole”. Siete un punto di riferimento».


Related Articles

L’inganno mediatico sui soldi ai partiti

Loading

IN UNA società invasa dalla menzogna (…), giornali, tv, internet, dovrebbero sempre essere filtrati dal dubbio, e a questo dovrebbe far seguito se non una verifica personale, almeno la domanda: è vero ciò che si afferma?
(da “Il potere della menzogna” di Mario Guarino – Dedalo, 2013 – pag. 47)

La rabbia di Nichi: così rischiamo di perdere

Loading

Il leader di Sel e le parole del segretario: l’alleanza con i centristi pericolo da sventare

Mafia Capitale. Le «faccette nere» sedute alla grande nel secondo banchetto

Loading

Mafia o cor­ru­zione che sia, quella romana è tri­co­lore: rossa, bianca e nera

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment