Passera, il privatizzatore

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Protestano gli studenti dentro e fuori l’aula magna, all’università  di Torino: «Borsisti versus borseggiatori»«L’acume di questo governo è a tratti imbarazzante», dice la vox Internet che è diventata ora la nuova vox dei. Difficile darle torto, e anche trovare le parole per illustrare la parure di sciocchezze inanellate in solo giorno da una squadra di tecnici che – almeno in teoria – «tutto il mondo ci invidia».
La ministra Fornero ha ricevuto un’accoglienza calorosa dagli studenti nella sua Torino, che ben conosce «dove e come lavorano i figli dei nostri ministri» (altra vox ripresa su siti e giornali). Alcuni contestatori erano riusciti a entrare anche nell’aula magna, sollevano cartelli prima di essere poco urbanamente buttati fuori, per strada. Dove la polizia nel frattempo stava rudemente manganellando qualche altro centinaio di contestatori, rendendo chiaro cosa significava un secondo cartello: «borsisti versus borseggiatori».
Lo «spirito sabaudo» si vede da queste cose, oltre che dagli insulti che ogni giorno qualche neo-poltronato rovescia su chi non ha avuto la fortuna di nascere nelle case sulla «collina» torinese. Finché usciva da un Michel Martone, sembrava una gaffe da rampante; ma se si cimentano sullo stesso canovaccio la ministra dell’interno, quella del welfare e l’impagabile premier venuto da Marte, allora c’è un problema serio. Non si tratta di «ignoranza» delle condizioni reali del paese, ma dell’esibizione disinvolta di disprezzo – culturale finché si vuole, tipico dei «liberali», ma comunque disprezzo – per i meno elevati nella scala sociale.
Non sono insomma «uscite a casaccio», sono convinzioni solide espresse con nonchalance. Come l’ossessione per l’art. 18. «Sulla riforma bisogna agire, non si può tergiversare», ha spiegato ancora una volta Fornero. «Bisogna spalmare le tutele su tutti, non promettere il posto fisso per tutti». Saltiamo a piè pari le facili battute sulla figliola beneficiata con ben due posti fissi, ma resta il mistero di come si possa «spalmare» la possibilità  di essere licenziati oppure no. Il suggerimento della stessa ministra – «non vogliamo che non esista la possibilità  di licenziare, ma chi è stato licenziato va aiutato a trovare una nuova occupazione» – presuppone molto intervento «pubblico». Che invece si vuol ridurre.
Corrado Passera, suo attuale collega – era tale anche nella precedente comune carriera in Banca Intesa – parlando ieri alla Mobility Conference ha spiegato che «non c’è dubbio che la abnorme diffusione di proprietà  pubblica e aziende locali è da superare». Nessuno al mondo conosce quale sia la «normale» presenza di aziende pubbliche nell’ambito del trasporto pubblico, ma per il ministro si tratta di «portare con incentivi forti a consolidare in bacini razionali operatori che possono poi giocarsela con procedure di mercato». Traduzione d’obbligo: privatizzare autobus e metropolitane, favorendo la formazione di grosse concentrazioni (su più comuni, province, regioni). 
Che da ciò possa anche scaturire un servizio migliore a tariffe sostenibili è scritto nei manuali di economia liberista. Ma contraddetto dalla realtà . Le autostrade italiane, per esempio, sono state date in concessione ai privati da oltre un decennio. Gli utenti (o clienti?) hanno potuto registrare un costante aumento delle tariffe, ben oltre i livelli dell’inflazione, e un costante degrado del «servizio». In questi giorni di neve, tutte le autostrade si sono dimostrate incapaci persino di soccorrere adeguatamente quanti erano rimasti bloccati. Quella «dei Parchi», la più costosa d’Italia, gestita da Carlo Toto e Benetton, è stata addirittura chiusa per frane. 
Qual è la risposta del governo? L’ha spiegata lo stesso Passera. «Abbiamo sbloccato 60 miliardi di opere infrastrutturali, che rappresentano punti significativi di Pil». Traduciamo ancora: lo Stato metterà  60 miliardi in opere che poi saranno gestite dai privati. La relativa «crescita del Pil», dunque, non verrà  dall’aver «liberato» le imprese dalle «troppe regole» (ancora Passera, ieri) che le bloccano.
Ma un ministro ipercompetente non si lascia sfuggire nulla. «C’è una tendenza all’abuso degli ammortizzatori sociali» (Fornero ha proposto di lasciare solo la cig ordinaria), ma «le aziende se li pagano e non c’è ragione di non usarli» (se li pagano anche i lavoratori, se è per questo, ma il ministro li dimentica). Non è andato più in là , perché «c’è un tavolo aperto». 
Dove si parla di tutto il mercato del lavoro, ma «decisivo» è solo abolire l’art. 18. Per «spalmare», naturalmente. Due alleati sono stati trovati. Bonanni (Cisl) e Angeletti (Uil) si sono resi disponibili per una «robusta manutenzione» che lasci in vita solo quelli «discriminatori» (come vuole Confindustria). La Cgil si dice molto contraria. Se si vedessero in giro anche iniziative di massa, forse dal governo arriverebbe qualche sciocchezza in meno.


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