Debito Grecia, ristrutturazione vicina al successo

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MILANO – Atene (salvo sorprese dell’ultima ora) si avvia a chiudere con una vittoria ai punti il mega swap da 206 miliardi sul suo debito che ha tenuto con il fiato sospeso i mercati. Nella serata di ieri – in base ai dati preliminari – quasi il 60% dei privati esposti con la Grecia avevano dato il via libera all’operazione. Una percentuale in teoria già  sufficiente per consentire al governo ellenico di far scattare le clausole di azione collettiva, obbligando tutti i suoi creditori ad accettare un taglio del 75% sul loro investimento. L’operazione si chiuderà  questa sera ma i mercati, fiutando il probabile successo del concambio, hanno iniziato a festeggiare: Piazza Affari ha chiuso ieri in rialzo dell’1,11% (poco meglio del resto dei listini europei) sostenuta dalle banche e dai buoni dati sull’occupazione Usa. 
A rasserenare il clima hanno contribuito pure le dichiarazioni ottimistiche di Olli Rehn: «Lo swap andrà  in porto senza intoppi», ha vaticinato ieri il Commissario Ue agli affari economici e monetari. Se fosse veramente così, per la Grecia sarebbe una bella boccata d’ossigeno: i 206 miliardi di debiti si ridurrebbero dalla sera alla mattina (in caso di concambio al 100%) a 107 miliardi, rendendo decisamente più praticabile l’obiettivo di un rapporto debito/pil al 120% entro il 2020. E la partecipazione delle banche al salvataggio del paese con un sacrificio importante renderebbe più accettabile pure per i semplici cittadini ellenici l’austerity che hanno dovuto trangugiare a suoni di tagli a stipendi e pensioni negli ultimi anni. 
La lista dei sì alla proposta di Atene si è allungata ieri grazie alle adesioni (per 84 miliardi) di banche e assicurazioni riunite sotto l’ombrello dell’Iif. Quasi venti miliardi verranno invece consegnati dai fondi pensione greci (tranne quelli di giornalisti e poliziotti che hanno rifiutato l’offerta). Un “no” secco è arrivato pure dal quotidiano tedesco Bild che in forte polemica con le concessioni Ue ha detto che non aderirà  con i suoi investimenti (pari alla miseria di 4.315 euro) in titoli di Stato. 
La partita non è però ancora chiusa del tutto e qualcosa, in teoria, può ancora andar storta proprio a un passo dal traguardo. Il primo nodo da sciogliere è quello relativo al livello di adesione allo swap. Sopra il 90%, Il governo Papademos potrebbe accettare tout court l’offerta, onorando probabilmente per intero i debiti con il 10% o meno di investitori contrari alla transazione. Tra il 75 e il 90% dovrebbero scattare le clausole di garanzia, almeno sui bond emessi sotto legislazione ellenica. In questo caso, però, con ogni probabilità  scatterebbero i credit default swap acquistati da chi si è assicurato contro il rischio Grecia. Si tratta di una cifra nominalmente ridotta (3 miliardi circa) ma con un nozionale più alto. E nessuno è in grado di capire che effetto potrebbe avere il loro esercizio sul mercato. Nessuno, se non altro per scaramanzia, osa immaginare cosa succederebbe se lo swap non andasse in porto e Atene finisse in fallimento incontrollato. L’Iif ha calcolato un impatto di mille miliardi tra crac bancari ed effetto domino sugli altri debiti sovrani.


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