Il pastore che si erige a paladino delle libertà 

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Su 1228 voti validi – l’«assemblea federale» conta 1240 membri, ma otto erano assenti e quattro schede sono risultate nulle – ben 991, quasi l’80 per cento, sono andati a Joachim Gauck, 126 alla candidata della Linke Beate Klarsfeld, 3 al candidato della Npd Olaf Rose, mentre 108 delegati della Bundesversammlung si sono astenuti.
Lammert ha chiesto a Gauck se accettava. E il pastore evangelico, portavoce del Neues Forum a Rostock negli ultimi mesi della Rdt, poi incaricato di custodire gli archivi della Stasi, ha assentito con voce sonora. Da quel momento, anche se bisognerà  aspettare il 23 marzo per il giuramento davanti a Bundestag e Bundesrat in seduta congiunta, la Repubblica federale ha il suo terzo presidente nell’arco di quattro anni, dopo le dimissioni di Horst Kà¶hler, caduto in discredito per aver ipotizzato interventi militari a difesa degli interessi commerciali tedeschi, e di Christian Wulff, indagato per corruzione. Se tutto andrà  bene, Gauck resterà  in carica per cinque anni. 
Appassionata l’ovazione che si è levata nell’aula del Bundestag, con una nuova disposizione delle sedie per far posto, accanto ai 620 deputati, a altrettanti delegati dei parlamenti regionali. I partiti designano anche personalità  della «società  civile»: attori e attrici, star della televisione e dello sport. Con qualche sorpresa, come la nomina della femminista Alice Schwarzer su proposta, nientemeno, della Cdu. 
Mai un candidato alla presidenza ha totalizzato tanti voti come Gauck, sostenuto da una megacoalizione tra democristiani, liberali, socialdemocratici e verdi. Il popolare Richard von Weizsà¤cker, alla sua rielezione per un secondo mandato nel 1989, si era fermato a 881 voti. Stupisce semmai, considerando il consenso di tutti i partiti tranne la Linke, che ben 108 delegati si siano astenuti. Tra loro due deputati verdi, che intendevano potestare per l’apprezzamento espresso da Gauck per il presunto «anticonformismo» di un razzista anti-immigrati come Thilo Sarrazin. A loro si devono essere aggiunti diversi socialdemocratici, a disagio per un candidato che tende a lodare il capitalismo reale come il migliore dei mondi possibili, e che, preso com’è dalla «libertà », sembra dimenticare le istanze di giustizia sociale e di uguaglianza.
Contenta per i suoi 126 voti la «cacciatrice di nazisti» Beate Klarsfeld, tre più dei delegati della Linke presenti. Nessun bonus invece per lo storico revisionista Olaf Rose, votato dai tre delegati inviati dai nazionaldemocratici nei parlamenti regionali della Sassonia e del Mecklenburgo.
Nel suo discorso inaugurale Gauck ha ricordato un altro 18 marzo, di 22 anni fa, «quando noi, milioni di tedeschi dell’est, abbiamo potuto finalmente essere cittadini, dopo 56 anni di regimi dittatoriali. Per la prima volta nella mia vita, all’età  di 50 anni, ho potuto decidere, in elezioni libere e segrete, chi doveva governare». La dittatura di Hitler come quella di Ulbricht e Honecker? Gauck farebbe bene a precisare il suo goffo concetto di «totalitarismo». Magari rileggendo Hannah Arendt, che nel 1966 constatava lo smatellamento delle strutture totalitarie all’est dopo la morte di Stalin.


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