Il terreno di coltura del fondamentalismo, dalla Francia a Kandahar

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GERUSALEMME – Qualunque siano i dati biografici e le motivazioni ideologiche di Mohammed Merah, il terrorista francese di origine algerina presunto autore dell’assassinio di tre bambini e di un uomo nella scuola ebraica di Tolosa, il suo crimine è abominevole. Chi spara su dei bambini e poi si avvicina ai corpi caduti per assicurarsi con un colpo di grazia che siano davvero morti, è un ripugnante assassino.
La politica israeliana, i crimini israeliani, l’avversione che suscita l’attuale politica israeliana, o le schizofreniche e paranoiche minacce israeliane all’Iran…, tutto questo non c’entra nulla: chi spara su degli innocenti per il solo fatto della loro connotazione – etnica, nazionale, di colore, sessuale o di qualsiasi altra indole – è un criminale con buona pace di tutti gli idioti che cercano attenuanti.
In queste ore l’ha precisato bene il premier palestinese Salam Fayyad: in forma laconica ma netta ha condannato l’assassinio, «nessun bambino palestinese può essere chiamato in causa come giustificazione di questo crimine… smettetela di giustificare il terrorismo dicendo che è in favore dei palestinesi (…) non immischiate il nostro popolo in atti come questo».
In Francia ebrei e musulmani parlano di dialogo e i musulmani hanno condannato con chiarezza il crimine. Se si confermasse che l’assassino è lo stesso che ha ucciso tre soldati francesi di origine musulmana, questo renderebbe più chiari i connotati fondamentalisti dell’azione e dovrebbe servire da punto di riferimento per tutti coloro che pensano a un mondo democratico negato dal fondamentalismo religioso.
Il pensiero moderno, il concetto di democrazia, i diritti propri delle idee liberali o progressiste degli ultimi secoli, tutto ciò è negato dal fondamentalismo, sia esso islamico, ebreo, cristiano o, negli ultimi anni, il fondamentalismo del mercato.
Deve essere chiaro: non c’è un solo islam, un solo ebraismo o un solo cristianesimo ma una ricca varietà  di correnti e di credenze, e il fondamentalismo non è altro che una versione estrema e politica delle diverse religioni.
In realtà  gli uni e gli altri si tengono mutuamente. Gli atti del fondamentalismo islamico servono e alimentano il fondamentalismo ebraico nella sua versione nazionalista e nella sua lotta per consolidare l’occupazione e negare i diritti del popolo palestinese.
Quando qualcuno, come la responsabile della politica estera della Ue Catherine Ashton, mette il crimine di Tolosa in una scala di eventi condannabili come l’assassinio dei ragazzi in Norvegia, la morte dei bambini belgi nell’incidente stradale in Svizzera (un’idiozia inserire un incidente stradale in questa equazione), la morte di bambini a Gaza, forse esagera, ma offre la sponda ai diversi politici israeliani che infatti si sono subito buttati a spiegare come e perché il crimine di Tolosa in realtà  sia speciale e unico. «Non si può compararlo con la morte di bambini a Gaza che i terroristi usano illegittimamente mentre noi lottiamo legittimamente contro il terrorismo…», si chiedono il premier Netanyahu e qualcuno dei suoi ministri. Il sangue di bambini innocenti è il sangue di bambini innocenti e non possono esserci attenuanti per nessuno, né giustificazioni che oggi passano per l’accettata litania democratico-occidentale della «lotta contro il terrorismo».
Il terrorismo è sempre un fenomeno politico complesso. E non sono solo Netanyahu e i suoi ministri a saltare sul microfono e sfruttare la gran commozione che ha colpito i francesi e non solo loro. Anche il premier francese Nicolas Sarkozy in qualche modo ne approfitta, mentre ha silenziato la campagna elettorale per lutto. 
Il crimine non ha attenuanti, però non deve farci dimenticare che è necessaria una base chiara di principi. E che alcuni di quei principi devono portarci a levare alta una voce molto forte contro una possibile guerra contro l’Iran, sia essa per iniziativa di Israele o dell’Occidente «democratico». Non deve farci dimenticare l’urgenza della lotta per la pace israelo-palestinese e che la politica demenziale che ha portato all’Afghanistan provoca anche i frutti naturali, anche se non sempre cercati, della violenza statale «legittima».


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