L’AGGUATO DELLA POLITICA

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Sui partiti che compongono la coalizione. Nel caso di Monti, invece, sta accadendo esattamente il contrario.A fronte di indici di popolarità  ancora alti, sembra che siano le forze politiche a voler sospendere la “luna di miele”. L’avvicinarsi delle elezioni amministrative sta giocando un ruolo determinante nelle scelte di Pdl, Pd e Udc. Anche il tentativo di prendere le distanze dai “tecnici” per configurare un futuro assetto “politico” rischia di abbattersi pesantemente sull’azione del governo. E i segnali che sono stati lanciati ieri – nelle aule del Parlamento e anche al di fuori – rappresentano un primo campanello d’allarme per Palazzo Chigi. Alla Camera sono stati approvati ben tre ordini del giorno (di cui uno di chiaro stampo anti-liberalizzazioni, quello sulle edicole) contro il parere dei ministri. Contemporaneamente Elsa Fornero, titolare della delicata partita sulla riforma del lavoro, ha messo il piede in fallo con una frase che ha fatto irritare i partiti e i sindacati. Un incidente che con ogni probabilità  non comprometterà  le chance di arrivare ad un’intesa con Cgil, Cisl e Uil, ma che di certo complicherà  l’iter del negoziato. Eppure un primo effetto l’ha prodotto: ha marcato quella distanza che proprio le forze politiche vogliono far emergere in questa fase. E in qualche modo ha ancora di più vincolato la posizione del Pd a quella del sindacato.
«Non tira una bella aria – diceva ieri il leader centrista, Pier Ferdinando Casini – è bene che si diano tutti una calmata, altrimenti…». Un messaggio lanciato agli alleati di Pd e Pdl, ma anche ad alcuni ministri. La conseguenza minacciata da Casini non contempla tanto l’ipotesi di una improvvisa crisi dell’esecutivo, ma quella di una paralisi permanente. L’impossibilità  per Monti di vedersi approvati i suoi provvedimenti. Una palude da cui sarà  sempre più arduo uscire e che non sarà  giustificabile agli occhi dell’Europa e dei mercati. Si tratta di un pericolo ben presente a Palazzo Chigi che ora teme di mettere a repentaglio i risultati conquistati sullo spread con i bund tedeschi e ottenuti nel dialogo con Angela Merkel sul Fondo salva-Stati. 
Anche per questo il premier ha già  convocato il vertice di maggioranza per domani e soprattutto ha spiegato che non intende rinunciare a interventi su terreni di “battaglia” come la giustizia e la Rai. Non vuole limitare la sua azione all’angusto spazio del risanamento economico. Senza, però, ignorare la maggioranza che lo sostiene. Insomma, senza l’appoggio di tutte le forze politiche non provocherà  strappi. Un realismo che si coniuga con un dubbio: «Non si capisce – è il ragionamento del Professore – se in questa fase le forze politiche si stiano rivolgendo al loro elettorato o piuttosto a se stessi». È sicuro infatti che nessuno sia in grado di sfilarsi, ma sa anche che sta prendendo corpo una delle più lunghe stagioni elettorali. Iniziata adesso per finire tra un anno. E il «gioco» dei veti incrociati da sbandierare nei comizi o in tv può costituire il nemico più acerrimo del governo dei tecnici.
Domani Monti incontrerà  i leader dei partiti e la prossima settimana parteciperà  all’incontro con le parti sociali sulla riforma del lavoro. Con i primi sarà  chiamato a riordinare il rapporto concordato a novembre scorso evitando di farsi sottoporre a veti o condizioni nella scelta dei settori di intervento. Non può accettare di farsi chiudere nel perimetro di azione stabilito dalle forze politiche. Ma soprattutto dovrà  imprimere un’accelerazione sulla trattativa con i sindacati. «La possibilità  di chiudere un accordo – ha ripetuto ieri – restano intatte». Anzi, a suo giudizio proprio le reazioni di Cgil, Cisl e Uil dimostrano che l’intesa si avvicina e che Camusso, Bonanni e Angeletti hanno attivato gli ultimi meccanismi per alzare la posta.
Nonostante l’ottimismo “montiano”, dunque, il Professore deve fare i conti con un clima che rischia di peggiorare. Non solo tra meno di un mese si terranno le amministrative, ma quel voto è potenzialmente dirompente per il partito principale della sua coalizione: il Pdl. Se il risultato fosse pesantemente negativo per i “berlusconiani”, difficilmente il Popolo delle libertà  avrà  la capacità  di resistere alla forza centrifuga. Il suo segretario, Alfano, già  fortemente indebolito dai giudizi del Cavaliere, si potrebbe ritrovare a guidare un vascello senza rotta, una squadra inclinata verso l’implosione. 
Senza contare, poi, che il quadro politico con cui questi partiti si presenteranno alle urne di maggio sarà  completamente diverso rispetto a quello che caratterizzerà  le elezioni politiche del 2013. Gli scossoni che porteranno al nuovo contesto potrebbero riflettersi prima sul governo e solo successivamente sulle alleanze per la prossima legislatura. E Monti dovrà  misurarsi con tutti gli agguati della politica.


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