«I soldi? Il 60% ai Popolari, il 40 ai rutelliani»

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E lo fece «effettuando anche operazioni immobiliari, di cui alcuni all’interno del partito erano a conoscenza». Il verbale del tesoriere indagato per appropriazione indebita e illecito reimpiego dei soldi perché accusato di aver sottratto dalle casse del partito almeno 23 milioni di euro a fini personali, svela quanto accaduto nella formazione politica poi confluita nel Partito democratico dal 2007 in poi riguardo alla gestione del denaro. Dichiara Lusi ai pubblici ministeri: «Dal 2009 ho annotato le uscite perché i Popolari non sapevano quanto prendeva Francesco Rutelli, che ritengo nel tempo abbia avuto qualcosa in più per la nostra vicinanza politica e perché era presidente del partito». 
Gli investimenti immobiliari 
Dura sei ore l’interrogatorio di Lusi davanti al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al sostituto Stefano Pesci. Alla fine firma un verbale di sei pagine che ricostruisce il suo ruolo nel partito. «Il patto era di ripartire i fondi tra Popolari e i rutelliani». Fornisce le percentuali e quando gli viene chiesto se conosce la destinazione dei soldi afferma: «Non so che uso è stato fatto di questi fondi». Sottolinea invece di aver deciso di annotare ogni elargizione dal 2009, quando ci fu la fusione con i Ds «perché ritengo che Rutelli prendesse un po’ di più e gli altri non lo sapevano. In particolare posso dire che Bocci e Rutelli erano attenti alle rispettive spese». Poi nega che gli acquisti di ville e appartamenti fosse un’appropriazione indebita: «Io avevo un mandato fiduciario. Nessuno mi ha dato incarico di comprare case o ville. Mi era stato detto soltanto che dovevo investire bene i soldi e io l’ho fatto. Sapevo che se ci fosse stato bisogno di liquidità  quegli immobili sarebbero stati venduti». I magistrati gli contestano di essersi intestato la proprietà  dei beni, ma lui non arretra: «Se adesso li vendessimo guadagneremmo molto più di quanto è stato speso. Posso assicurare che una volta che il partito avesse avuto necessità , tutti i beni acquistati sarebbero stati dismessi e restituiti». I pubblici ministeri gli chiedono i tempi di questa restituzione e Lusi risponde: «Al più presto, anche perché la liquidità  della Margherita era in progressivo esaurimento. All’interno del partito alcuni sapevano di questi immobili, ma non faccio nomi perché tanto mi smentirebbero».
Le operazioni fiduciarie
Afferma il parlamentare indagato: «Dal 2007 c’era necessità  di mettere al sicuro i beni dei rimborsi elettorali. Io non volevo nascondere nulla perché questo modo di gestire serviva a proteggere le operazioni fiduciarie. Non volevo truccare i bilanci. Io operavo come fiduciario e per fare queste operazioni ho usato le società  Luigia ltd e TTT srl. Le operazioni fiduciarie sono quelle sugli immobili, dunque l’acquisto della villa di Genzano e della “nuda proprietà ” di quella di Ariccia oltre all’appartamento di via Monserrato a Roma. Inserisco in questo elenco di operazioni fiduciarie anche la ristrutturazione delle case di Capistrello, i tre milioni di euro che sono stati depositati sul conto di mia moglie e alcuni prestiti infruttiferi fatti ad alcuni miei familiari. In particolare uno a mio fratello di 100 mila euro, a mio nipote 120 mila, a due miei amici 360 mila euro, a un altro nipote 130 mila». Non nega che ci siano stati altri investimenti personali. «La società  Filor l’ho costituita nel 2007 e sta realizzando un immobile in Canada. Questa non è un’operazione fiduciaria, mia moglie non sa nulla sull’utilizzo dei fondi della Margherita, pensava che fossero miei risparmi. Non lo sapevano i miei nipoti che mi hanno fatto soltanto un favore, lo stesso vale per mio cognato. In Canada ho trasferito un milione e 600 mila dal conto di mia moglie alla Filor, 270 mila dalla TTT». I magistrati gli chiedono a che titolo avesse preso questi soldi e il denaro utilizzato per i viaggi e le cene. Dichiara Lusi: «I viaggi sono spese inserite nel sistema di cui ho parlato. Per quanto riguarda i soldi che ho speso voglio precisare che, terminato l’incarico di tesoriere avrei fatto la differenza tra quanto speso e quanto era da restituire alla cassa del partito».
I soldi del terremoto
Non nega Lusi di aver emesso assegni «liberi» ma nel caso dell’acquisto della villa di Ariccia sostiene che gli furono chiesti dal proprietario, che invece aveva fornito una versione opposta. Ammette di aver versato oltre un milione di euro in nero per la ristrutturazione delle case di Capistrello. Poi gli viene chiesto di giustificare la mancata consegna di 85 mila euro che risultano destinati ai terremotati dell’Aquila, ma non invece non sono mai arrivati. E lui afferma: «Quando mi sono sposato, anziché farmi fare il regalo di nozze ho chiesto soldi in beneficienza per i terremotati. Ce li ho ancora, ma intendo darli al sindaco per un parco. Li avevo appoggiati sul conto di mio fratello perché ho un contenzioso privato per cui rischiavo un sequestro e quindi li avevo messi lì. Nel dicembre scorso ne avevo parlato con il sindaco Cialente e avevo assicurato che li avrei consegnati al più presto».


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