Spesa sociale nei paesi Ue: Italia ultima per l’edilizia sociale e lotta all’esclusione

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BRUXELLES – Eurostat, l’Istituto statistico dell’Unione europea, ha reso noti oggi gli ultimi dati contabili armonizzati a livello europeo sulla spesa pubblica per la protezione sociale nei 27 paesi Ue. I dati, aggiornati al 31 dicembre 2009, prendono in conto 8 tipi di prestazioni sociali: malattia, invalidità , vecchiaia, pensioni per i superstiti, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale.
In media, i 27 paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali il 28,4% del loro PIL. Questo dato è aumentato costantemente ogni anno, ed ha subito un salto di quasi 3 punti percentuali tra il 2008 e il 2009, certamente per l’impatto sociale della crisi economica e finanziaria. A prezzi costanti, il salto tra il 200! E il 2009 è stato addirittura di 6,5 punti percentuali.

I dati sono – come sempre – molto eterogenei. Svezia, Danimarca, Germania e Francia investono nelle politiuche sociali oltre il 30% del PIL. Bulgaria, Romania, Slovacchia e Lettonia meno del 20%. Ma i dati calcolati in percentuale spiegano solo una parte della realtà . Più interessante è la spesa pro-capite a parità  di potere di acquisto. Il Lussemburgo investe in protezione sociale 15 000 euro per abitante mediamente. I paesi nordici sono mdiamente tra i 9 000 e i 10 000 euro pro-capite. L’Italie è nella media Ue, con circa 7 000 euro per abitante. Tutti i paesi dell’ex blocco sovietico sono tra i 2 000 e i 5 000 euro pro-capite.

E vediamo ora come la spesa sociale si distribuisce nelle varie branche. L’Italia è il paese che spende di più per gli anziani (pensioni di vecchiaia e superstiti). Questo dato si spiega in gran parte con la più alta percentuale anziani a livello euopeo: in Italia gli over 60 sono infatti il 26,1% della popolazione. E fra questi, oltre i 2/3 sono donne, ossia le principali beneficiarie delle prestazioni per i superstiti. Altro elemento da considerare è che le prestazioni del trattamento di fine rapporto (Tfr) vengono calcolate, soltanto nel nostro paese, come spesa pensionistica. Infine, fa notare l’Osservatorio europeo dell’Inca Cgil “i dati raccolti da Eurostat sulla spesa sociale sono calcolati sempre al lordo dell’imposizione fiscale e non tengono quindi conto delle risorse che rientrano nelle casse dello stato sotto forma di tasse”.

Tuttavia, anche tenendo conto di tutti questi argomenti, è proprio l’articolazione della spesa sociale italiana ad essere effettivamente sbilanciata. Nel nostro paese, infatti, e nonostante le polemiche spesso sollevate a proposito degli “sprechi”, tutte le altre spese sociali, invalidità , famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale, sono sempre assai più basse rispetto alla media dei paesi europei: tra i 27 paesi dell’Ue, l’Italia è al 22° posto per le spese in favore dei disabili, al 24° per le spese in favore della disoccupazione, al 25° per la famiglia e siamo gli ultimi d’Europa (osia 27° su 27) per quanto riguarda la spesa per l’edilizia sociale e per la lotta all’esclusione. Siamo in fondo alla classifica anche per quanto riguarda l’andamento globale della spesa annua. Tra il 2008 e il 2009, la spesa sociale a prezzi costanti è aumentata del 2,6% nella media Ue, del 3,3% in Olanda, del 4,2% in Spagna, del 7% in Irlanda. Nello stesso periodo, in Italia la spesa sociale è aumentata del 1,5%. (Carlo Caldarini)

 

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