Addio ai vecchi manicomi criminali i “rei folli” in attesa di trasferimento

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Si chiamano Opg: ospedali psichiatrici giudiziari. Sono i vecchi manicomi criminali. Strutture dimenticate, sfuggite agli interventi legislativi degli ultimi ottant’anni, legge Basaglia compresa. Adesso il decreto “svuota carceri” ha deciso: dovranno chiudere entro il 31 marzo 2013. Ma le strutture capaci di accogliere i “folli autori di reato” ancora non ci sono    

Nel 2010, la commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, come ammesso dallo stesso senatore Ignazio Marino  –  presidente della commissione  –  si “imbatte” nella questione degli Opg.

“Non immaginavamo nemmeno lontanamente che nel nostro Paese esistessero ancora dei residui delle strutture manicomiali realizzate durante il fascismo”, dichiara Marino. Gli ospedali psichiatrici giudiziari,  invece, sono spesso manicomi criminali a cui è stato cambiato il nome. “In alcuni casi si tratta materialmente degli stessi edifici”. Come l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, in Sicilia, che ha sede nella struttura inaugurata dal ministro Rocco negli anni ’30.

La commissione decide di intervenire e dà  il via a una serie di ispezioni a sorpresa nei sei Opg italiani. “Nel giugno 2010 a Barcellona Pozzo di Gotto abbiamo trovato un uomo nudo legato con delle garze, usate come delle corde, a un letto di ferro con un buco arrugginito al centro che serviva per la caduta degli escrementi e delle orine”, racconta il senatore Marino. In quattro degli altri cinque Opg la situazione non è  migliore. Si tratta di carceri dove vengono rinchiusi i malati di mente autori di reato. Senza alcun percorso di recupero e, spesso, senza rispetto per le più elementari norme igienico-sanitarie. L’unica eccezione è rappresentata da Castiglione delle Stiviere, in Lombardia. La struttura è di tipo ospedaliero, non ci sono secondini ma solo infermieri. Si punta sulla cura dei pazienti anziché sulla detenzione.

A gennaio 2012 in Senato si discute il decreto ribattezzato “svuota carceri”. I senatori Ignazio Marino, Felice Casson e Alberto Maritati, sulla base dei risultati raccolti dalla commissione parlamentare, presentano un emendamento che prevede il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari entro il 31 marzo 2013. Il decreto diventa legge il 14 febbraio 2012. Il conto alla rovescia inizia. Alle Regioni, che hanno la competenza in materia sanitaria, restano 12 mesi per dotarsi di nuove strutture capaci di accogliere i degenti. Il termine è ravvicinato, ma, spiega Ignazio Marino: “Ho insistito per una scadenza a breve termine per comunicare il senso di urgenza che dobbiamo avere: in questo istante ci sono ancora delle persone chiuse in quegli orribili luoghi”.

I detenuti negli Opg sono oltre 1200. Due sono i requisiti perché il giudice disponga una misura di sicurezza detentiva, in sostituzione o in aggiunta alla pena: la commissione di un reato e la pericolosità  sociale. Chi commette un crimine ed è incapace di intendere e volere, perché affetto da gravi disturbi mentali (come schizofrenia, psicosi maniaco-depressive, paranoia o demenze), non viene condannato a una pena da scontare in carcere. Se viene dichiarato socialmente pericoloso, cioè si ritiene probabile che commetta nuovamente reati, viene sottoposto a una misura di sicurezza calibrata in base al grado di pericolosità . Nei casi più gravi, la detenzione in Opg.

La differenza principale tra pena e misura di sicurezza è nella durata. La pena ha una durata certa, la misura di sicurezza invece è prorogabile teoricamente all’infinito: è quello che si dice “ergastolo bianco”. Per capire cosa significa, basta citare un caso estremo riportato dalla commissione d’inchiesta: nel 1992 uno dei detenuti è stato arrestato per una rapina di 6 mila lire. Ha finto di aver in tasca una pistola. Incapace di intendere e volere, da vent’anni è chiuso nell’Opg di Barcellona, mentre i suoi tre complici, ritenuti capaci, non hanno fatto neanche un giorno di carcere. Un’altra vicenda simile è quella di M. L., condannato a due anni di detenzione e internato da 25 anni nell’Opg di Napoli.

Alcuni pazienti-detenuti, che hanno prima scontato la pena in carcere, si sono visti dare anche la misura di sicurezza in Opg. Sono i “parzialmente incapaci” che, nonostante la galera, sono comunque ritenuti socialmente pericolosi e quindi bisognosi di un reinserimento più graduale nella società .

La nuova legge prevede che i pazienti internati negli Ospedali psichiatrici giudiziari vengano distinti in due gruppi: quelli con una pericolosità  sociale tale da giustificare la detenzione, e quelli che possono già  essere parzialmente reinseriti nella società . Questi ultimi, il 40% del totale, verranno presi in carico dai Dipartimenti di salute mentale e trasferiti in comunità  terapeutiche o in strutture psichiatriche residenziali, che in molti casi già  esistono.

Per quelli ancora socialmente pericolosi, la questione è più complessa. In teoria dovrebbero andare in strutture modellate sull’esempio di Castiglione delle Stiviere. Cioè in istituti con una gestione esclusivamente sanitaria e con la sicurezza garantita da un perimetro di vigilanza esterna. Il problema è che, escludendo Castiglione, queste strutture non esistono. Il compito di costruirle è affidato alle Regioni e i fondi sono già  stati individuati nel decreto “svuota carceri”: 120 milioni nel 2012 e 60 nel 2013 per la realizzazione delle strutture. Altri 38 nel 2012 e 55 all’anno dal 2013 per la loro gestione. Quello che manca è un decreto che definisca l’organizzazione delle nuove strutture, le loro dimensioni e gli standard di sicurezza richiesti. Lo sta elaborando un gruppo di lavoro che coinvolge i ministeri di Salute e Giustizia e i rappresentanti di otto regioni: le cinque che ospitano gli Opg (Campania, Lombardia, Emilia Romagna, Sicilia e Toscana) oltre a Puglia, Veneto e Liguria. I lavori procedono, ma potrebbero avere ritardi. È già  scaduta la data fissata per l’uscita del decreto, il 30 marzo 2012. Il gruppo di esperti si è riunito per la prima volta il 20 marzo e terminerà  i lavori a metà  aprile.

Da quel momento partirà  l’iter che porterà  alla pubblicazione del decreto. Un percorso che potrebbe richiedere tempo e che renderebbe ancora più difficile per le Regioni dotarsi delle strutture previste entro il 31 marzo 2013. In altre parole è da mettere in conto che la scadenza fissata dallo “svuota carceri” non sarà  rispettata. Lo sottolinea anche Ignazio Marino: “Nel nostro Paese ci sono differenze importanti nell’offerta sanitaria. Immagino che alcune Regioni arriveranno con un certo ritardo. Questo è motivo di preoccupazione. Bisogna considerare che, quando fu introdotta nel 1978 la legge Basaglia, si indicò di chiudere immediatamente i manicomi civili. Ma l’ultimo è stato chiuso nella seconda metà  degli anni ’90. Con questo non voglio dire che sarei felice se la chiusura definitiva avvenisse in vent’anni, ma mi rendo conto che i tempi potrebbero, in alcune Regioni, allungarsi”.

Per ora, poco trapela sui contenuti del decreto. Le dimensioni delle strutture dovrebbero essere comunque molto contenute: 20 o 30 posti letto. Un’informazione confermata dal senatore Marino e da uno dei membri del gruppo di lavoro, l’incaricato della Regione Veneto Lorenzo Rampazzo. Non è ancora chiaro se le strutture che ospiteranno i “rei folli” ad alto rischio dovranno essere del tutto indipendenti o potranno essere sezioni annesse alle carceri. “Questo è un punto in discussione”, dice Rampazzo. Al  momento “non c’è nessuna norma che vieti” di percorrere anche la seconda strada.     

In attesa di direttive dall’alto, le Regioni si stanno muovendo in ordine sparso. Quasi tutte hanno dato vita a gruppi tecnici incaricati di individuare le strutture più adatte ad accogliere gli internati a bassa pericolosità . Ma molte sono ancora ferme a questo stadio. Solo alcune si sono già  portate avanti con il lavoro. Il Veneto entro giugno dovrebbe inaugurare una “struttura intermedia” da quindici posti letto, che guiderà  i degenti degli Opg a basso rischio verso il reinserimento. Una soluzione simile è già  presene in Toscana: si chiama “Le Querce” e ospita una decina di persone. È il primo passo. “Ne mancano tanti prima di arrivare alla chiusura dell’Opg di Montelupo”, conferma l’assessore alla Salute della Toscana Daniela Scaramuccia. L’Emilia Romagna ha scelto un’altra via: si è dotata di un “Fondo regionale pazienti ex Opg”, che finanzia le cure e il reinserimento degli ex degenti: fino al 2009 (l’ultimo dato disponibile) i pazienti ammessi a questo progetto sono stati 198.
Al di là  di poche eccezioni, le Regioni italiane si avvicinano alla scadenza del 31 marzo 2013 a passo lento:  tra progetti di accoglienza e fonti di finanziamento da definire, in attesa delle indicazioni che arriveranno dal ministero, a oggi nessuna Regione sarebbe capace di garantire strutture adeguate ai degenti socialmente pericolosi.

Un discorso a parte va fatto per Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, le tre regioni che rientrano nel bacino di Castiglione delle Stiviere. Ignazio Marino conferma che la struttura mantovana “non verrà  toccata”. Al più verrà  ridimensionata. A gennaio 2012 ospitava 322 degenti, ben oltre la capienza massima. Troppo, anche perché Castiglione si fa carico di tutte le donne internate in Italia: 86 secondo i dati di gennaio. Presto dovrebbero essere destinate alle proprie regioni perché, spiega Marino, “non è possibile continuare con un metodo per cui una donna di Siracusa viene ricoverata a mille chilometri di distanza da casa sua”. Il modello, quindi, anche per le altre Regioni sarà  questo: una struttura come Castiglione, ridotta e alleggerita.

Ma quanto costa il “modello Castiglione”? La struttura si regge con 13,7 milioni l’anno. È l’unica sanitarizzata e per questo ha una forma di finanziamento diversa dagli altri Ospedali psichiatrici giudiziari: utilizza 4,5 milioni della Regione Lombardia, la sola che mette mano al portafogli. Piemonte e Valle d’Aosta spediscono a Castiglione i propri “rei folli”, ma non finanziano la struttura. Che riceve 9,2 dei 23 milioni che il Fondo sanitario nazionale destina agli Opg. Il 40% del totale, una fetta consistente, ma che va chiarita. Non avendo celle e guardie carcerarie, Castiglione non riceve un euro dal Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) che, invece, finanzia gli altri cinque Opg con circa 100 euro al giorno per ogni degente. Una pioggia di milioni (oltre 34 l’anno) che arriva dal ministero della giustizia per sostenere la spesa carceraria. E che supera quanto stanziato dal Fondo sanitario nazionale.  

Tenere gli internati dietro le sbarre, quindi, non costa meno di tentare di curarli. Sommando quanto erogato dal Dap, dal Fondo sanitario nazionale e dalla Lombardia, risulta evidente che il “modello Castiglione” non è l’Opg più costoso. Barcellona Pozzo di Gotto costa quasi 14 milioni l’anno, con risultati molto diversi: sovraffollata (a gennaio gli internati nell’Opg siciliano erano cento oltre la capienza massima), la struttura è stata descritta dalla commissione d’inchiesta del senato “in pessime condizioni”, “sporca e cadente”, caratterizzata da “un lezzo nauseabondo di urina” e con i degenti in stato di “disumano abbandono”.   

Le differenza tra Castiglione e gli altri Opg non è (solo) questione di risorse. E’ decisiva una diversa gestione della spesa: se nel centro lombardo due terzi del budget vengono investiti in risorse sanitarie, negli altri Ospedali psichiatrici giudiziari la stessa porzione di finanziamenti è destinata alla struttura carceraria. La conferma, anche economica, che gli Opg, in attesa della loro chiusura, restano carceri più che strutture sanitarie. Per replicare il modello Castiglione nelle altre regioni, i 55 milioni l’anno previsti dal 2013 per la gestione delle strutture dovrebbero essere sufficienti. La somma non è lontana da quella sborsata da Fsn e Dap: in tutto circa 57 milioni. La prova che la trasformazione degli Opg in ospedali non è solo eticamente necessaria, ma anche economicamente sostenibile.


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