Giovani, disoccupazione record dal 1999 Tagli, cassa e franchising Modello veneto per gli esuberi

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MILANO — Che li si guardi da Bruxelles oppure da Roma, i dati sulla disoccupazione restituiscono un’immagine di urgenza, segnando record che riportano allo scorso millennio: a febbraio nell’area euro i disoccupati hanno toccato il 10,8%, il livello più alto dal giugno 1997; in Italia la percentuale è salita al 9,3% della popolazione attiva con un tasso tra i giovani al 31,9%, i peggiori numeri rispettivamente dal 2004 e dal 1999. 
Insomma, mai così tanti disoccupati da quando c’è la moneta unica e soprattutto tra i giovani: da noi uno su tre non trova lavoro, in Europa uno su cinque (il tasso è del 21,6%). Vivono una situazione più critica della nostra solo i giovani spagnoli (50,5%) e greci (50,4%). In Germania però la percentuale scende all’8,2 (a fronte di una disoccupazione generale del 5,7%). Del resto a Madrid e Atene il tasso dei senza lavoro ha raggiunto le due decine, rispettivamente il 23,6% e il 21% (il dato è relativo al dicembre scorso). Numeri che provano come l’area euro stia «attraversando una lieve recessione», per citare il commissario Ue all’Economia Olli Rehn, e che «preoccupano» Bruxelles anche se l’attesa è per «dati positivi di crescita nella seconda parte di quest’anno». Il portavoce di Rehn ha però precisato che al di là  della media Ue «in otto Stati membri la disoccupazione è diminuita mentre in 18 è aumentata e in uno è rimasta stabile» e che «questo tasso di disoccupazione molto elevato non riflette solo la crisi attuale ma anche gli effetti di importanti squilibri macroeconomici, strozzature alla crescita e alla creazione di posti di lavoro». 
Tornando all’Italia, se si modifica l’arco temporale sotto esame, la situazione peggiora ulteriormente. Nel quarto trimestre 2011, l’Istat ha calcolato che il tasso di disoccupazione tra i lavoratori dai 15 ai 24 anni è salito al 32,6% dal 29,8% dello stesso periodo di un anno prima, con una punta del 49,2% per le giovani donne del Sud. Inoltre i disoccupati in cerca di prima occupazione sono aumentati del 24,9%. Per la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia questi numeri sono la prova che «siamo ancora in recessione»: «I nostri ragazzi entrano nel mercato del lavoro più tardi e con una preparazione più bassa: dobbiamo lavorare su questo — ha argomentato — ma soprattutto dobbiamo creare più crescita».
Giovani e donne (anche over 24) sono le componenti più deboli del mercato del lavoro. E poi c’è il Mezzogiorno nel suo complesso. A febbraio la disoccupazione maschile era all’8,6% contro il 10,3% di quella femminile. Mentre nel quarto trimestre 2011 i senza lavoro al Sud sono stati più del doppio di quelli al Nord: 14,9% contro il 6,7%. E al Centro quasi un lavoratore su dieci era senza lavoro (9,2%). Si è difeso solo il Nordest, con una percentuale del 6,1. Nel complesso, lo scorso anno il numero dei disoccupati è cresciuto di 335 mila unità  e di 45 mila solo a febbraio.
Servono le riforme, dunque, e bisogna fare presto. Il capo dello Stato Giorgio Napolitano, commentando i dati dell’Istat, ha spiegato che «esiste un problema molto serio di stagnazione e di non crescita con rischi per l’occupazione, per le crisi aziendali di imprese piccole e anche grossi insediamenti». I sindacati usano toni più accesi. Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil, definisce i dati «allarmanti» e punta il dito contro «la temporaneità  dei rapporti di lavoro che continua ad aumentare». Mentre per il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, «il problema è fermare i licenziamenti e non facilitare i licenziamenti, che “facili” lo sono anche troppo». In campo anche la politica, compatta nel sostenere che serve un cambiamento. Per il leader del Pd, Pierluigi Bersani, «qualcosa dobbiamo fare». Secondo il segretario Udc, Lorenzo Cesa, «è urgente proseguire senza incertezze con la riforma del mercato del lavoro» e per il vicecapogruppo vicario Pdl in Senato, Gaetano Quagliariello, «una legge in materia di lavoro è una priorità  per il Paese».


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