I QUADRI DEL RE IL GUSTO SOTTILE DI CASA SAVOIA

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Nel 1736 un diplomatico inglese definiva le opere raccolte da Eugenio di Savoia «i più bei dipinti di ogni genere che solo le teste coronate potevano permettersi in Europa». Oggi queste tele sono il fulcro della mostra I quadri del Re. Una quadreria alla Reggia: le raccolte del principe Eugenio, curata da Carla Enrica Spantigati e aperta a Venaria fino al 9 settembre. Si tratta di capolavori di artisti italiani come Guido Reni e Francesco Albani, ma anche di opere altrettanto importanti di pittori fiamminghi e olandesi che restituiscono il gusto di chi le ha scelte: il principe Eugenio Francesco di Savoia Carignano, conte di Soissons e cugino di re Vittorio Amedeo, condottiero dell’esercito imperiale, celebre in tutta Europa per le sue vittorie contro i turchi, era infatti un raffinato collezionista, uno dei più eleganti e innovativi del suo tempo, che raccoglieva arazzi e cineserie, mobili intarsiati e intagliati, grafiche pregiate. Quando muore nel 1736 il patrimonio artistico che adornava le sue residenze viennesi, Palazzo di Città  e il Belvedere, è ereditato dalla nipote Maria Anna Vittoria di Savoia, la quale cede all’imperatore Carlo VI d’Asburgo la biblioteca e la raccolta di grafiche. Il resto della collezione se la contendono Augusto III di Sassonia, Federico II di Prussia, il re di Svezia. A spuntarla però, dopo una lunga trattativa, è il cugino di Eugenio, Carlo Emanuele III di Savoia che nel 1741 per la somma di 90.000 lire d’argento piemontesi si porta a casa tutti i dipinti con le loro superbe cornici. Li sistema nel suo Palazzo Reale a Torino dove restano fino al loro trasferimento alla Galleria Sabauda, avvenuto nel 1832. Ora, in attesa della loro definitiva sistemazione alla Manica Nuova di Palazzo Reale, sono arrivati a Venaria. «È stato un modo per non sottrarre al pubblico opere di così grande valore – spiega la Spantigati – ma anche un’occasione di ricerca e approfondimento su temi di grande interesse storico-artistico». Il ricco catalogo lo dimostra.
Quando giunge a Torino la quadreria del principe Eugenio stupisce soprattutto per le opere dei pittori fiamminghi e olandesi, così rari in Italia, che fanno della raccolta uno dei vertici del collezionismo moderno. Entrare alla Reggia di Venaria è oggi un modo per scoprire attitudini, capricci, abitudini, sogni, magnificenze di un Settecento leggendario che, complice un allestimento suggestivo, finisce per avvolgere il visitatore.
A far da cornice alle opere del principe Eugenio ci sono infatti anche oggetti e quadri provenienti da altre due collezioni internazionali che hanno uno stretto legame con il Piemonte. La prima è quella di Jeanne Baptiste d’Albert de Luynes, contessa di Verrua, animatrice di uno dei più celebri salotti parigini e amante di Vittorio Amedeo II; l’altra è la raccolta di Vittorio Amedeo di Carignano che della contessa è il genero, avendo sposato la figlia nata dalla sua regale relazione extraconiugale.
Tra dinastie che si incrociano, si assiste alla messa in scena della grandeur di un’Europa che si avvia sulla strada della modernità . A raccontarla, in tandem, è anche l’esposizione aperta alla Manica Nuova di Palazzo Reale Torino, Europa, prima tappa del trasferimento, destinato a completarsi entro il 2014, di tutte le opere della Galleria Sabauda. 
Qui a Venaria è proprio il principe nelle vesti di condottiero ad accogliere chi arriva. Il suo ritratto equestre realizzato da Jacob Van Schuppen lo mostra a cavallo su un tappeto di infedeli destinati alla sconfitta. È ancora di combattimenti che si parla nella sala dedicata alle Celebrazioni delle Vittorie con le movimentate opere del pittore olandese Jan Huchtenburg, dove le battaglie sono un pretesto per inquadrare atmosfere e paesaggi. A rendere completo il profilo del comandante sono le sue armi: sciabole, pistole, corazze. 
Ma Eugenio è anche un elegante uomo di corte. Ecco in mostra un bianco servizio di piatti bordato d’oro su cui troneggia lo stemma di famiglia in blu cobalto. Lo aveva fatto realizzare da una manifattura cinese, mentre è dal Giappone che arrivano uno stipo in legno laccato e due magnifici vasi. 
Accanto agli oggetti di arredamento, vasi, porcellane, preziosi arazzi di manifattura fiamminga, c’è il nucleo di dipinti. Guido Reni, Francesco Albani, Carlo Cignani e tutti i bolognesi rivelano come il principe fosse attento al gusto classicista del Seicento: qui è la figura a dominare la scena e spesso i personaggi raffigurati provengono dalla mitologia o dalle storie sacre. Ma la curiosità  di Eugenio lo conduce, ad esempio, alla scoperta della grande stagione della natura morta olandese e tedesca. Sono di grande impatto i vasi fioriti dipinti da Jan Davidz de Heem e Abraham Mignon. Non sono da meno le sale dedicate al paesaggio dove risaltano i contadini e le rovine di Jan Brueghel, accanto alle vedute di un olandese che viveva a Londra come Jan Griffier, poco noto in Italia, ma certamente un maestro di indiscussa qualità . È splendida, tra le tante tele, la resa della luce nelle sue raffigurazioni delle stagioni. 
Una parte straordinaria dell’esposizione è quella dedicata alla pittura da “cabinet” che era un luogo di dimensioni più ridotte rispetto ai saloni e dunque ospitava piccoli gioielli come il Ritratto di geografo di Gérard Dou, Il suonatore di ghironda di Frans Van Meris il Vecchio o L’arrotino ambulante di Caspar Netscher. Figure che emergono dal buio, capolavori di indagine di sguardi e di psicologia. Quadri capaci di narrare la vita di tutti i giorni. Proprio come quelli di David Teniers che ritrae la moglie circondata da strumenti musicali e il figlioletto intento a far bolle di sapone, oppure I musicanti all’osteria: interni che trasudano esistenze semplici. Tutto il contrario del mondo di dei ed eroi dell’arte italiana, eppure molto nelle corde di un collezionismo aristocratico e sofisticato. Tanto che lo stesso Carlo Emanuele III manderà  il suo pittore di corte Beaumont a Venezia con il compito di comprare proprio artisti fiamminghi e olandesi. Ed ecco, tra gli ultimi acquisti di famigli, i pescatori e i pescivendoli di Egber Van der Poel.


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