Le frequenze che scottano

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L’ex ministro Romani: «Passera ha violato gli accordi, il Biscione e la Rai escluse dall’asta». E poi litiga anche con GiardaÈ «un pasticcio colossale», Passera «si è assunto la gravissima responsabilità  di non tenere conto delle indicazioni e degli accordi presi con il Pdl». E’ una furia, l’ex ministro berlusconiano Paolo Romani. Nella commissione finanze di Montecitorio il suo partito ha appena votato contro l’annullamento del beauty contest sulle frequenze tv per il digitale terrestre, in favore di un’asta pubblica da tenersi entro 120 giorni. L’emendamento è comunque passato, e lui sbotta. Grave sarebbe stato se il governo si fosse fatto dettare punto per punto dal proprietario di Mediaset le regole per l’assegnazione dei nuovi multiplex. Ma Romani, cresciuto nell’impero di Arcore, non si capacita del contrario.
L’emendamento al decreto fiscale era stato concordato con gli uomini di Silvio Berlusconi – che in questi mesi aveva promosso pressioni di ogni tipo nei confronti di Monti e Passera – e invece, sostiene l’ex ministro, il governo si è successivamente accordato con il Pd per modificarlo: «La gara così come è congegnata impedirà  a Rai e Mediaset di partecipare, per via del richiamo al tetto dei cinque multiplex. Nel testo iniziale questo riferimento (all’indicazione della Ue, ndr) non c’era, si lasciava ogni valutazione a un periodo successivo», giura l’ex ministro. Il Pd nega trattative in extremis, «non abbiamo visto nessun emendamento, non ho capito il ripensamento del Pdl», dice Pierluigi Bersani. Perché in effetti di correzioni ulteriori rispetto al testo che era stato inviato anche al Pdl non c’è traccia evidente. E’ più probabile, ritengono nei palazzi, che Romani sia vittima di se stesso: non si era accorto bene di quel che diceva l’emendamento, e glielo hanno spiegato da Mediaset. Di qui il voltafaccia. Mentre c’è chi sostiene che almeno Gianni Letta aveva visto un testo diverso (e forse per questo Fabrizio Cicchitto in privato attribuito il «pasticcio» alla mediazione dell’ex sottosegretario).
In un’intervista sul Corsera di ieri, comunque, Romani avanzava dubbi sull’emendamento del governo, ma assicurava un sì del Pdl. E invece quando si arriva al dunque il berlusconiano è agitatissimo. I lavori in commissione vengono ripetutamente sospesi con la scusa che devono arrivare le stime del gettito dell’asta (che la relazione tecnica sostiene essere «molto rilevante ma «non quantificabile»). Poi il Pdl chiede di ritirare l’emendamento perché diverso da quello concordato. 
Nel frattempo Romani monitora l’evolversi della situazione attaccato al telefono, chiama il sottosegretario Antonio Catricalà  pregandolo di mediare per una correzione, mentre in commissione viene convocato il ministro Pietro Giarda. Che, si dice, sarebbe anche disposto a una correzione in corsa, però arriva quando la votazione è stata già  aperta dal relatore Gianfranco Conte, che è del Pdl e quindi viene pure rimproverato dai suoi. L’emendamento passa e Romani si sfoga anche con Giarda, urlandogli contro in corridoio. E c’è chi lo sente dire imbufalito: «Ci rivedremo alle elezioni». Poi l’ex ministro si attacca di nuovo al telefono, questa volta con Berlusconi e Alfano.
Ma pubblicamente Romani resta il solo a dichiarare guerra, rinviando la questione al vertice serale con Monti. E se nessuno dei big lo segue è anche perché Silvio Berlusconi si sarebbe sì arrabbiato, ma soprattutto per come Romani ha gestito la partita.
Se il Pd dice al governo di andare avanti, il Pdl spera che il caso non sia chiuso e una modifica possa essere inserita oggi nel maxiemendamento che il governo presenterà  con la fiducia. Altre possibilità  non si vedono: il decreto deve essere convertito ai primi di maggio e deve anche passare al senato.
Il testo approvato ieri prevede un’asta competitiva, con rilanci, per due lotti di frequenze. Una parte verrà  ceduta fino al 2015, per poi essere venduta agli operatori telefonici. Dovrà  poi essere assicurata la «separazione verticale tra fornitori di contenuti e operatori di rete» (cioè la separazione societaria tra Rai e Rayway e tra Mediaset e Elettronica industriale). E, appunto, ogni operatore non potrà  superare i cinque multiplex. Rai e Mediaset hanno quattro multiplex ciascuna in Dvb-T, per la trasmissione in digitale terrestre, e uno in Dvb-H, per la trasmissione sui videofonini. Un decreto legislativo del governo potrebbe però consentire di trasformare anche queste ultime frequenze in Dvb-T, così Rai e Mediaset raggiungerebbero il tetto di cinque multiplex previsto, prima ancora che dall’emendamento del governo, dalla Ue. Questo fa dire a Francesco Di Stefano, Patron di Europa 7, che «i veri favoriti» dall’annullamento del beauty contest restano Rai e Mediaset. Mentre Europa 7 «è tra le più sfavorite: era l’unica a partecipare per il lotto A1, quindi aveva già  vinto». E per Antonio Di Pietro «il governo fa gioco delle tre carte»: con il decreto legislativo «Rai e Mediaset otterrebbero per altra via le frequenze che avevano cercato di avere gratis con il beauty contest».
L’emendamento è apprezzato dalla Commissione Ue, che aveva avviato una procedura d’infrazione. Per Almunia potrà  «promuovere la concorrenza in virtù del trattamento preferenziale riservato ai nuovi entranti».


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