«I parenti non pagheranno»

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ROMA — Palazzo Chigi non ha voluto che per i familiari delle vittime di piazza della Loggia si aggiungesse al danno la beffa. Dopo le polemiche seguite all’assoluzione di sabato scorso, il premier Mario Monti, d’intesa con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è intervenuto disponendo che le spese processuali siano a carico del governo. Così come aveva fatto il governo Berlusconi nel maggio 2005 per le parti civili del processo di Piazza Fontana. 
Una decisione simbolo che è stata possibile in considerazione del fatto che «la presidenza del Consiglio si era costituita parte civile», e quindi «deve ritenersi che la condanna in solido delle parti civili al pagamento delle spese sia sostenuta legittimamente dal solo Stato, anche in virtù della vigente legislazione sulla tutela delle vittime del terrorismo». Infatti — ha spiegato una nota del governo — in base alla legge 3 agosto 2004, n. 206, e alla direttiva del presidente del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007, «le vittime e i familiari di eventi stragisti beneficiano dell’assistenza processuale pubblica in “ogni procedimento giurisdizionale”». 
«Mi sembra un gesto positivo e da apprezzare, ma mi auguro una modifica alla legge perché questi fatti non devono più accadere» ha commentato il presidente dell’Associazione Caduti di Piazza della Loggia, Manlio Milani. «Soprattutto per le stragi, ma anche per gli altri terrorismi — ha aggiunto Milani — l’importante è che per quei delitti contro la natura dello Stato, lo Stato garantisca ai cittadini di potersi costituire parte civile». «È un gesto importante — ha concluso — ma ora mi auguro che si modifichi la legge».
Già  sabato, dopo la nuova assoluzione per gli imputati, erano state molte le richieste di intervento: si era chiesto anche un decreto legge da parte dell’ex sindaco della città , Paolo Corsini. Walter Veltroni aveva proposto che i partiti pagassero unitariamente le spese. Ieri il comune di Bologna aveva offerto un contributo in un coro di interventi e proposte. 
In realtà  il tempestivo intervento di Palazzo Chigi impedirà  ai familiari delle vittime di doversi accollare le spese nell’arco di poche settimane: infatti la decisione presa in appello è immediatamente esecutiva. Ma resta ancora aperto il problema di come tutelare adeguatamente il diritto di presentarsi parte civile in processi così complessi. Sono passati sette anni dalla assoluzione di Piazza Fontana e il problema si è riproposto perché nulla è cambiato nelle norme e nei codici. Per cui la decisione di presentare il conto a chi ha subito le tragiche conseguenze di delitti atroci, presa in base alla astratta logica del diritto (le spese «anticipate» dallo Stato le deve pagare la cosiddetta «parte soccombente» cioè quella che ha «perso» in giudizio), potrebbe avvenire ancora, limitando grandemente il diritto delle parti civili di costituirsi in giudizio. Il principio stabilito da una recentissima sentenza della Cassazione del novembre scorso sembra offrire una strada. In pratica, bisognerebbe che anche al campo penale si applicasse l’articolo 92 del codice di procedura civile che permette in ogni caso al giudici — se ci sono giusti motivi — di non far pagare le spese a chi ha perso.


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