“Pallottole, incendi e silenzio mi hanno distrutto l’anima ora torno a fare la farmacista”

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Chi sceglie il sindaco in un piccolo paese della Calabria? «I cittadini, solo loro». E i cittadini di Monasterace chi hanno voluto per due volte? «Me». E allora perché lei si dimette, perché se ne va? «Perché dopo gli attentati non potrei più fare serenamente il mio lavoro, perché qualsiasi decisione dovessi prendere domani mattina non mi sentirei più libera come prima». Paura? «Sì, anche un po’ di paura». Comincia così una chiacchierata con Maria Carmela Lanzetta, il sindaco di Monasterace – il comune più a nord della provincia di Reggio sullo Jonio, 3500 abitanti, i famosi Bronzi di Riace ripescati nel mare di fronte – che ha lasciato poltrona e Comune dopo le quattro fucilate sparate tre notti fa contro la sua auto. Solo l’ultimo attentato, l’ultimo avvertimento.
Fucilate di ‘ndrangheta?
«Non lo so, non ho proprio idea di chi sia stato. Non sono reticente, non lo sono mai stata ma davvero non capisco da dove può venire l’intimidazione. In Comune, negli ultimi mesi abbiamo fatto solo cose normali, normalissime: abbiamo fatto pagare l’acqua a tutti, anche ai morosi; abbiamo chiesto equamente i tributi a tutti; abbiamo cercato di far funzionare al meglio gli uffici dell’amministrazione. Niente di più e niente di meno».
È questa normalità  che ha scatenato tanta violenza?
«E non è la prima volta. All’inizio dell’estate dell’anno scorso hanno dato fuoco alla mia farmacia. E la farmacia di Monasterace è della nostra famiglia dal 1954. Io, mio marito e i nostri due figli siamo vivi per miracolo. Scampati alle fiamme e al fumo. Era il 26 di giugno, me lo ricordo come se fosse ieri, il giorno del Corpus Domini. In quattro, con il volto coperto, hanno versato benzina dappertutto. Le telecamere dell’impianto di videosorveglianza li hanno ripresi mentre appiccavano l’incendio. Ero stata rieletta sindaco da una trentina di giorni appena. Poi sono passati 9 mesi e sono arrivate quelle fucilate. Dopo questo episodio non posso più andare avanti, non ce la faccio. Nel mio paese non ci sono più le condizioni per fare il sindaco con tranquillità ».
Magari domani ci ripensa e torna. 
«No, ormai ho deciso. Torno, ma torno a fare la farmacista. Così una volta per tutte mi lasceranno in pace».
È proprio sicura? Che cosa le ha consigliato suo marito? Cosa dicono i suoi figli?
«A casa mia mi hanno lasciato libera di decidere. E adesso io ho deciso: basta. Non posso combattere a mani nude, me ne vado perché non posso fare fino in fondo il sindaco di Monasterace. Senza libertà  e senza sicurezza un sindaco non può fare il sindaco».
Anche la sua giunta ha gettato la spugna in massa? Cosa pensano di queste dimissioni i suoi assessori?
«La nostra era una lista civica di centrosinistra, tutti meravigliosi gli assessori, cinque donne e quattro ragazzi, la più vecchia ero io che ho 57 anni. Negli ultimi mesi abbiamo portato avanti tutti insieme una straordinaria battaglia per il lavoro femminile. Più di settanta donne che lavorano nelle serre e che da quasi due anni non vengono pagate. Abbiamo incontrato pure la Camusso perché la Cgil era stata buttata fuori dalle serre, ho coinvolto l’ufficio provinciale del lavoro, il prefetto di Reggio Calabria. Ho fatto quello che dovevo fare: il sindaco del mio paese».
Un sindaco solo?
«No, sola sola mai. Anche dopo le dimissioni il paese mi ha abbracciato. Hanno organizzato una fiaccolata per le strade per manifestarmi solidarietà . Davanti a casa mia da due giorni c’è la fila per farmi visita, per starmi vicino. Mi ha chiamato anche il segretario del mio partito, Bersani. Domani forse viene don Luigi Ciotti quaggiù in Calabria, Libera mi è stata sempre stata accanto in questa straordinaria avventura. E anche la chiesa locale. Sola non mi hanno lasciata, però qualcuno che doveva far sentire la sua voce in questi giorni è rimasto in silenzio».
Chi, per esempio?
«Certe associazioni, certe istituzioni».
Sei anni di battaglie per la legalità , per i diritti, per il lavoro: davvero tutto deve finire così?
«Non ho un’altra via d’uscita, lo ripeto: torno a fare la farmacista»
Non crede di deludere i suoi cittadini con questa scelta di andarsene?
«Forse, ma mi hanno distrutto l’anima. Proprio non ce la faccio. Anche perché noi avevamo degli obiettivi da raggiungere e capisco che non li raggiungeremo mai, avevamo tante cose da fare che qualcuno non ci vuole far fare. E poi tutto quello che fino a qualche giorno fa si poteva realizzare in maniera spontanea, naturale, oggi ci porrebbe troppi problemi. Ci verrebbe davvero difficile fare scelte senza pensare a questo o a quello».
Una decina di anni fa il comune di Monasterace era stato sciolto per infiltrazioni mafiose, poi è stata eletta lei.
«E a tutti ho fatto capire da che parte stare. O si sta di qui o si sta di là , indecisioni non ce le possiamo permettere in Calabria».
Di là  è arrivato l’incendio alla farmacia e poi le pallottole. Non ha davvero neanche un sospetto?
«Io non so proprio chi abbia voluto tutto questo».


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