Aria di primavera nelle urne

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Si svolgono oggi In Algeria le quinte elezioni legislative pluraliste dal 1989, anno in cui si è chiusa l’era del partito unico. In lizza ci sono 44 partiti e 25.800 candidati per 462 posti in parlamento. Dopo anni di boicottaggi elettorali, l’opposizione stavolta ha deciso di partecipare. Forse in cambio di promesse di riforme. Ma tra l’altissimo tasso di disoccupazione, una inflazione record e una perdita di credibilità  da parte di tutta la classe politica, il partito dell’astensione rischia di prendere la maggioranza assoluta. 
Il 5 luglio prossimo l’Algeria festeggerà  il cinquantesimo anniversario dell’indipendenza. 50 anni passati tra un sistema a partito unico e una seconda fase con finto pluralismo. Dal 1962 fino al 1989 il Fronte di Liberazione Nazionale (Fln) era l’unico partito riconosciuto e le consultazioni elettorali servivano solo a confermare i candidati già  scelti dal partito. Dopo varie rivolte locali, il 5 ottobre 1988 il paese si solleva in una rivolta generale che anticipava le attuali rivolte della Primavera Araba di ben 20 anni. Dopo quelle sommosse che portarono alla morte di circa un migliaio di persone e all’arresto e alla tortura sistematica di altre migliaia, l’Fln fu costretto a cambiare la costituzione e ad aprire il campo politico. Dopo un brevissimo periodo democratico, i militari prendono il potere e aprono la strada a 15 anni di guerra civile. 
Oggi, la guerra è finita ufficialmente da quasi 8 anni ma la violenza continua, sia sotto forma di terrorismo “residuo” sia sotto forma di limitazione delle libertà  individuali e collettive. In tutti questi 50 anni, in un modo o nell’altro, i posti erano distribuiti ben prima di ogni gara elettorale. 
Ma questa volta si respira un’aria diversa. Non che la natura clientelare del regime sia svanita nel nulla, ma c’è sentore di cambiamenti importanti. Forse è il vento delle cosiddette Primavere Arabe, che ricordiamolo, aveva cominciato a soffiare in Algeria in Tunisia, anche se poi lo sviluppo nei due paesi è stato diverso. Forse ci sono state pressioni internazionali sul regime algerino, affinché la consultazione avesse una parvenza di democraticità . 
Uno dei segnali più chiari della particolarità  di queste elezioni è dato dalla partecipazione del Fronte delle Forze Socialiste (Ffs), decano dei partiti dell’opposizione. Tradizionalmente ha sempre boicottato queste farse elettorali e non è mai stato al gioco della distribuzione delle poltrone. Non si sa che garanzie hanno ricevuto i dirigenti del vecchio partito socialista, ma una cosa è sicura: il suo leader storico, Hocine Ait Ahmed, è troppo furbo ed esperto per lasciarsi ingannare facilmente. Dalla loro partecipazione i socialisti qualcosa avranno in cambio. Probabilmente una parte importante del regime algerino vuole approfittare delle pressioni della primavera araba per modernizzare un po’ il sistema. In chiusura di campagna elettorale il presidente Bouteflika ha lanciato uno strano messaggio. « La nostra generazione ha fatto il suo tempo (…) È ora di cambiamenti».
Se come dicono i partiti partecipanti, questa partita sarà  diversa delle altre, ci sarà  sicuramente una netta vittoria dei partiti islamisti. Principalmente del Movimento per la Società  della Pace (Msp, ex Hamas). Questo lascia prevedere una soluzione alla marocchina: lasciare gli islamisti prendere la maggioranza in parlamento, far gestire a loro la crisi e la frustrazione dei giovani mentre il vero potere rimane tra le mani degli stessi personaggi di sempre. 
Ma questi sono calcoli di politici che per la maggior parte hanno del tutto perso credibilità  presso la popolazione. La gente comune è completamente disinteressata a queste elezioni e ai risultati possibili. La vita è sempre più cara e la disoccupazione è alle stelle. I miliardi spesi dal governo per favorire l’impiego spariscono nel nulla senza dare risultati. Gli scioperi continui bloccano interi reparti dell’economia. I forum su Internet parlano chiaro: «Il 10 sarà  una bella giornata. Tutti al mare!». E nelle urne questo partito dell’astensionismo rischia di essere il protagonista assoluto.


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