Dagli Usa armi per i droni italiani. Scontro al Congresso

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ROMA – L’amministrazione Obama deve ancora superare alcuni passaggi politici (l’autorizzazione del Congresso), ma presto farà  partire la vendita di armi per i “droni” in dotazione all’Aeronautica militare italiana. Gli aerei senza pilota che la Difesa italiana adopera in Afghanistan sono stati acquistati a partire dal 2001: impiegati prima in Iraq e poi in Afghanistan hanno sempre avuto una limitazione: quella di non avere a bordo armi capaci di bloccare in tempo reale le azioni ostili che le telecamere di bordo trasmettono a terra. «Questo molte volte soprattutto in Afghanistan, ci ha creato problemi paradossali», dice un ufficiale dell’Aeronatuica: «Riuscivamo a scoprire un gruppo di insorti impegnai in un attacco contro nostri militari, o che piazzavano bombe sotto le strade, e prima che arrivassero i Mangusta o gli aerei delle Nato erano già  riusciti a fuggire».
Di recente anche il capo dell’Aeronautica, il generale Pino Bernardis, ha affrontato la questione, scegliendo di non evitare il tema etico che l’adozione degli armamenti comporta. Alle Commissioni Difesa del Parlamento Bernardis ha detto di ritenere che la questione etica vada valutata nel momento in cui si sceglie di dare il via a un intervento armato, di partecipare a una missione internazionale. Questione che poi si ripropone concretamente ogni volta che si sceglie di utilizzare le armi: «Ma che le bombe siano sotto le ali di un Amx o quelle di un Predator fa una differenza di tipo operativo», aggiungeva il generale Bernardis. 
Dopo aver comunicato in aprile al Congresso la decisione di vendere armi agli italiani, l’amministrazione Obama non ha ricevuto obiezioni entro i 40 giorni previsti. A questo punto la vendita potrebbe essere perfezionata già  nelle prossime settimane. L’Italia dopo la Gran Bretagna sarà  il secondo paese Nato ad avere droni con armi di produzione americana. Fra i deputati statunitensi c’è dibattito sulla “proliferazione” dei droni: «La mia opinione è che la tecnologia all’avanguardia non dovrebbe essere condivisa – ha detto Dianne Feinstein, la senatrice democratica che guida la Commissione Intelligence – sono preoccupata dalla proliferazione di questi sistemi d’arma e non credo che dobbiamo venderli». In particolare gli americani temono una (inevitabile) proliferazione anche presso forze armate non amiche come quelle di Russia e Cina. Il Pentagono ha difeso la sua scelta: «L’Italia è un forte partner che contribuisce in modo significativo alle operazioni degli Stati Uniti e della Nato», ha detto la portavoce Wendy Snyder, «il trasferimento di materiale militare all’Italia la mette in grado di sostenere e partecipare alle operazioni che proteggono non solo le truppe italiane, ma anche quelle degli Stati Uniti e di altri partner della coalizione».


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