La cura di Bruxelles: garanzia depositi e supervisione sugli istituti di credito

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BRUXELLES – Salvare le banche spagnole e rompere il circolo vizioso tra crisi dei debiti sovrani e crisi del sistema bancario europeo. Mentre attendono di capire se gli elettori greci lasceranno Atene nell’euro e se quelli irlandesi ratificheranno il fiscal compact, la Commissione europea e la Banca centrale hanno fissato in questi due imperativi la “linea del Piave” per salvare la moneta unica. La nuova strategia nasce dalla constatazione che la forte iniezione di liquidità  fatta dalla Bce a favore delle banche a inizio anno ha sì contribuito a evitare il tracollo dell’euro e a calmierare gli spread, ma si è risolta in un legame sempre più stretto tra le banche e i propri stati sovrani, con gli istituti di credito che hanno utilizzato i finanziamenti ricevuti da Francoforte per acquistare buoni del tesoro nazionali. Una scelta che si spiega con il fatto che oggi le banche non dispongono di una rete di sicurezza europea e che dunque devono confidare, in caso di crisi, sull’intervento dei propri governi di riferimento. 
Questo sviluppo ha però paradossalmente reso il sistema ancora più vulnerabile agli attacchi dei mercati, in quanto la degradazione del debito sovrano di un Paese si riflette in modo immediato sulla tenuta del suo sistema bancario, la cui crisi espone a sua volta il Paese a nuovi esborsi per salvare le banche e quindi ad un ulteriore peggioramento del suo indebitamento. Un meccanismo vizioso che ha avuto la sua più plateale dimostrazione con il caso spagnolo. Se si vuole fermare il contagio, quindi, soprattutto nella prospettiva di una possibile uscita della Grecia dall’euro o addirittura di una nuova crisi irlandese, è necessario spezzare il legame tra debiti sovrani, governi nazionali e banche. E questo è stato il problema al centro del colloquio che ha riunito a Bruxelles, prima dell’ultimo vertice europeo, il presidente della Bce Mario Draghi, quello della Commissione, Barroso, quello del Consiglio Van Rompuy e quello dell’eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Il piano che si sta delineando prevede un’azione in due tempi, le cui basi sono state gettate ieri e che dovrebbe essere confermata al prossimo vertice europeo di giugno. 
Sul medio-lungo periodo, la Commissione propone la creazione di una vera e propria “Unione bancaria”, come ha spiegato ieri lo stesso Barroso. Questa unione si dovrebbe fondare su tre pilastri. Primo: un sistema unico di supervisione dell’attività  bancaria conferendo all’Eba, l’agenzia bancaria europea, poteri molto più ampi di quelli attuali. Secondo: una unica garanzia europea, e non più nazionale, sui depositi bancari la cui tutela verrebbe dunque sottratta alla responsabilità  dei differenti stati membri. Questa proposta, bocciata solo pochi mesi fa dai governi, potrebbe ora trovare secondo Barroso un’accoglienza più favorevole nelle capitali. Terzo: l’intervento diretto dell’Esm, il fondo salva stati europeo, per venire in aiuto delle banche in difficoltà  senza passare attraverso un finanziamento del Paese a cui la banca appartiene, come è previsto dai trattati attuali. 
Quest’ultimo punto è certamente il più cruciale, ma anche il più controverso. Fino ad oggi una simile ipotesi si è scontrata con la netta opposizione del governo tedesco. Ora Berlino promette di «valutare con interesse» le proposte della Commissione. Quel che è certo, comunque, è che i tempi di una simile riforma non sono brevi, perché comporterebbero una revisione dello statuto dell’Esm e un nuovo voto da parte del riottoso parlamento tedesco. E a proposito della rigida ortodossia tedesca, ieri il settimanale satirico Le Canard Enchainé ha riferito di un “off the records” del premier francese Hollande durante il consiglio dei ministri, in cui avrebbe accusato la Merkel di “politica egoista” che potrebbe alimentare “populismi come la Lega Nord in Italia e i neonazisti in Grecia”.


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«Il fallimento di uno stato sovrano è qualcosa che non conosciamo» ha dichiarato martedì Mario Draghi sostenendo la pericolosità  di un default della Grecia che sta vivendo il peggiore periodo della sua storia. Le ruberie inglesi del Partenone sono nulla in contrario ai furti legalizzati che il sistema bancario internazionale sta cercando di imporre. Il Pasok del primo ministro Papandreou arrivato due anni fa al governo non ha potuto che denunciare la bancarotta fraudolenta provocata dei consevatori e chiedere aiuto per risanare i conti e l’economia.

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