La linea Fiat, i cugini e i fantasmi
Quelli in Italia, precisa, «non sono dovuti». Infatti il governo mica glie li ricorda. Dei 20 miliardi di investimenti promessi nel paese che per oltre un secolo ha foraggiato la Fiat s’è persa ogni traccia, a parte 7-800 milioni spesi a Pomigliano dopo la cura Marchionne che ha laciato fuori dalla fabbrica, con i sospetti «sieropositivi» della Fiom, oltre metà dei dipendenti. Mentre John Elkann, presidente e ad di Exor, la cassaforte di famiglia, confermava le preoccupazioni per il futuro di Mirafiori, gli operai di Termini Imerese manifestavano la loro rabbia, come fanno tutti i giorni. Poi ci sono gli operai delle altre fabbriche chiuse da Marchionne, la Irisbus di Avellino e la Cnh di Imola. L’interesse della Fiat per loro è finito, sono solo i fantasmi di un paese il cui presidente del consiglio dice che gli imprenditori fanno bene a investire dove conviene, magari in Serbia, oppure negli Usa. Nonostante le leggi «ad Marchionnem» regalate alla Fiat per liberarsi dei contratti nazionali, le nostre tute blu restano fantasmi. Bisognerebbe dirlo a Bersani, qualora non se ne fosse accorto o se le fosse perse per strada.
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