La scelta irlandese e il futuro europeo

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Il Patto fiscale non è un altro trattato dell’unione Europea, ma è concepito per funzionare in maniera analoga, rispetta le competenze della Ue e ha come obiettivo la diffusione delle istituzioni europee: un trattato confederale archetipico dunque. Anche se non va fino in fondo nel compito di correggere i difetti insiti nella struttura dell’Ume ereditata da Maastricht, esso consolida le molte riforme implementate dalla Ue dal 2008 tese a rafforzare la regolamentazione e la supervisione sul settore finanziario e a rendere più saldi i meccanismi del patto di stabilità . Il Fiscal compact rende molto più difficile per gli Stati, anche quelli grandi, non osservare la disciplina fiscale in un quadro di reciproca responsabilità , e l’Irlanda, già  testimone della rottura dell’accordo senza conseguenze da parte della Germania e della Francia nel 2003-2004, dovrebbe gioirne. 
Una importante innovazione del Patto fiscale è che gli Stati firmatari si impegnano a varare leggi cardinali che prevedano un freno automatico all’espansione del bilancio nazionale ogni qual volta il deficit strutturale superasse lo 0,5% del Pil, nonché ad avvalersi del voto a maggioranza qualificata inversa nel Consiglio dei ministri nelle procedure per eccesso di deficit.
L’effetto pieno delle misure correttive del Patto si faranno sentire solo tra qualche anno, quando l’austerità  avrà  ridotto gli attuali deficit. L’effetto immediato si abbatterà  invece sugli Stato dell’eurozona che non lo ratificheranno, in quanto non potranno accedere ai fondi destinati ai salvataggi dell’Esm. Votando No, l’Irlanda si escluderebbe dall’accesso all’Esm. Il trattato impegna i paesi firmatari ad avvalersi delle procedure rafforzate per la cooperazione del Trattato di Lisbona nei vari settori che esulano la competenza esclusiva della Ue. Significative sono anche le innovazioni istituzionali riguardanti i vertici semestrali dell’eurozona. Come ogni patto confederale che si rispetti, l’entrata in vigore è subordinata all’approvazione di 12 dei 17 membri dell’eurozona e quindi un voto negativo dell’Irlanda non bloccherà  il suo percorso. 
Pur non essendo positivo in tutti i suoi aspetti, il patto fiscale costituisce un espediente necessario, in grado di aumentare la pressione sia per una maggiore disciplina – ora esercitata dal mercato – sia per una valutazione reciproca più stringente di quella alla quale sono soggetti già  in maggior o minor misura gli Stati membri.
L’articolo 16 prevede «entro massimo cinque anni» una integrazione del Patto nell’impalcatura legale della Ue. Ciò innescherà  inevitabilmente una revisione generale dei trattati della Ue e un affollamento di altri punti nell’ordine del giorno, come certe rettifiche agli aspetti più imperfetti del Trattato di Lisbona. La grande spinta però verrà  dall’unione fiscale che prevede sia la disciplina sia la solidarietà . All’unione fiscale occorrerà  un governo economico federale, tra cui un Tesoro, un allargamento del mandato della Bce e, infine, l’emissione di eurobond. Un tale sostanziale passo verso la trasformazione della Ue in un corpo politico veramente federale non potrà  essere compiuto prima del 2015 al più presto, ma il tentativo deve essere fatto se si vuole che il progetto di unità  europea abbia una possibilità  di successo duraturo che poggi su una base finanziaria e democratica solida. 
* Membro del Parlamento europeo 
(Traduzione di Guiomar Parada)


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