«L’Italia migliora, ma ora non si fermi»

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ROMA — «Brava Italia»: il Fondo monetario non cambia le previsioni, buie, sull’economia del nostro Paese ma rivolge al premier Mario Monti e al governo elogi e incoraggiamenti. Al termine del test annuale, condotto presso tutti i Paesi membri, i responsabili della delegazione del Fmi hanno infatti consegnato al presidente del Consiglio un rapporto decisamente positivo sull’economia italiana se si confronta con la severità  dell’analisi fatta nel corso dei lavori primaverili a Washington. E soprattutto se si rapporta col rischio di diventare un sorvegliato speciale del Fondo, corso dal Paese alla fine dello scorso anno. «Con ampio sostegno politico, le autorità  hanno intrapreso un’agenda ambiziosa e di vasto respiro, che ha evitato sviluppi potenzialmente drammatici ed è ora vista come un modello per il risanamento di bilancio e di riforme favorevoli alla crescita» ha esordito il direttore del Dipartimento europeo del Fmi, Reza Moghadam illustrando alla stampa il rapporto di valutazione dell’economia italiana e ottenendo così la «soddisfazione» di Monti che gli sedeva accanto col viceministro dell’Economia Vittorio Grilli. L’Italia è dunque «sulla strada giusta» per aver impostato il risanamento dei conti pubblici e aver avviato importanti riforme strutturali, ha proseguito Moghadam che ha citato «il lavoro imponente» per migliorare il surplus primario, destinato a diventare nel 2013, con un livello previsto del 4%, «il più alto dell’eurozona». Moghadam ha però avvertito che il lavoro «è solo all’inizio, e molte cose restano da fare per rivitalizzare la crescita e ridare dinamismo all’economia». I suggerimenti del Fondo sono specifici e vanno dall’approvazione immediata della riforma del lavoro alla revisione della tassazione su lavoro e imprese e complessivamente alla riduzione del peso fiscale; dal miglioramento della competitività  nel settore energetico anche per far abbassare i prezzi per il consumatore che sono «i più alti» d’Europa alle liberalizzazioni; dal taglio delle spese della politica alla riforma del sistema giudiziario; dalla spending review alla riduzione dell’evasione che secondo il Fmi «può essere favorita dalla diminuzione delle tasse». Tutte queste azioni, dice il Fondo, potrebbero far crescere il Pil (Prodotto interno lordo) italiano del 6% nel medio periodo, cioè in 5-6 o 7 anni. Che non è poco, come ha osservato Monti, ribadendo che nel definire l’operazione di politica economica e fiscale nel dicembre scorso «sono stati presi tutti i margini necessari per evitare nuovi interventi anche nel caso di un nuovo deterioramento della congiuntura internazionale, come purtroppo sta avvenendo». Insomma non ci saranno manovre correttive anche se non basta «lo sprint iniziale». Perché le prospettive sono, appunto, negative. 
Il Fondo torna a sottolineare che le previsioni per l’economia italiana «sono al ribasso» con una ripresa che inizierà  ad affacciarsi solo nel 2013 e che «le rinnovate tensioni finanziarie potrebbero spingere al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato, restringere il credito bancario e indebolire l’attività  economica». Quanto al settore creditizio il rapporto del Fmi riconosce che le banche italiane continuano a beneficiare della loro «ampia e stabile» base di provvista di fondi al dettaglio e della loro limitata esposizione ad attività  rischiose. Ma sono allo stesso tempo «vulnerabili» per l’alto livello di sofferenze, salito all’11% del totale degli impieghi nel 2011 da meno del 6% durante la crisi e per la situazione generale di rallentamento dell’economia. È per questo che il sistema italiano deve mantenere «capitali e buffers di liquidità  adeguati. La Banca d’Italia deve continuare a vigilare che le banche aumentino il capitale senza però diminuire il credito». 
Le condizioni che il Fmi pone all’Italia sono però due, come ha sintetizzato anche Monti. La prima è di non allentare l’impegno per la gestione rigorosa delle finanze pubbliche e delle riforme strutturali, coniugandolo con riforme e con un aumento mirato degli investimenti per le infrastrutture. La seconda è che «il successo dell’Italia dipende anche dai progressi compiuti a livello europeo per risolvere la crisi e avanzare verso una maggiore integrazione fiscale ed economica». Ed è un obiettivo questo per cui il governo, ha ricordato il premier, «si sta battendo chiedendo una maggiore attenzione alla crescita e agli investimenti produttivi». Cosa che vuole dire non una «minore disciplina delle finanze pubbliche ma più attenzione alla crescita anche con soluzioni innovative e coraggiose». Le esortazioni del Fondo all’Italia non cadranno certo nel vuoto, ha assicurato infine Monti. «Fare in modo che le due condizioni citate dal Fmi si realizzino è l’obiettivo e la volontà  del governo nelle prossime settimane, decisive per il futuro del nostro Paese e dell’Unione Europea». Intanto Moody’s declassa anche il debito di Enel da A3 a Baa1


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