Lo schiaffo del Prof

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E dunque anche un durissimo schiaffo in faccia alle istituzioni e agli uomini che governano il calcio da troppi anni, gli stessi che molto italianamente galleggiano da uno scandalo all’altro. Sia il processo di Calciopoli tutt’ora in corso, siano gli ultrà  che ormai dettano legge non solo in curva ma anche negli spogliatoi e nelle società  (vedi il caso Genoa), sia l’inchiesta sulle scommesse con gli stessi meccanismi e i pacchi di soldi che viaggiano di mano in mano come trent’anni fa.
Non li ha nominati direttamente ed esplicitamente ma di sicuro alcuni dei dirigenti poltronati più illustri dello sport italiano – il presidente del Coni Gianni Petrucci, quello della Federcalcio Giancarlo Abete, quello della Lega di serie A Maurizio Beretta – devono aver sentito ieri un leggero pizzicore al fondoschiena. Ce l’avrà  per caso con noi il presidente del Consiglio? Beh, si direbbe proprio di sì. E se rassegnaste i vostri mandati nel suo ufficio, probabilmente fareste un favore al paese intero e di sicuro al presidente Monti, che un po’ l’ha sparata grossa ma insomma ve la siete proprio cercata.
Certo quando si leggono le violente reazioni del presidente del Palermo Zamparini – «Monti si vergogni. L’unica cosa indegna in questo Paese è che uno come Monti osi dire quello che ha detto: ci sta massacrando, sta distruggendo l’Italia, dice solo delle stupidaggini» – verrebbe voglia di mettere davvero i sigilli agli stadi, ai campi d’allenamento e alle società  di calcio. Ma è comunque difficile che il presidente del Consiglio pensi realmente che il calcio si possa davvero chiudere. E’ un’attività  privata innanzitutto, molto popolare e coinvolgente, addirittura secolare, ma non è quella che si dice un’azienda pubblica. E anzi allo Stato versa circa un miliardo di tasse l’anno (quando le versa e non le trattiene sottobanco, ovvio…). Anche se poi i politici lo accarezzano e gli fanno favori notevoli, come la famigerata legge spalmadebiti o salvacalcio che non a caso Monti ha citato come a lui particolarmente indigesta. 
La gente si svena per pagare le tasse e i club potevano dilazionare i debiti verso l’erario praticamente all’infinito. La gente comune con questa crisi fallisce e chiude bottega, poveraccia, il grande calcio ha mezzo miliardo di perdite e tira avanti tranquillamente di partita in partita. Vendendosele pure. No non si può andare avanti così, ed è giusto che un presidente del Consiglio parli adesso con un linguaggio esplicito e duro, in modo da farsi capire. 
Ma di calcio campano non solo qualche centinaio di ricchissimi professionisti (al cui top c’è il signor Ibrahimovic con il suo stipendio di circa due milioni lordi al mese pagati dall’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi), ma anche parecchie migliaia di famiglie che vivono dell’indotto. Dai giardinieri, agli impiegati delle società , agli operai delle fabbriche di scarpini da pallone e così via. Come si fa a fermarlo per due o tre anni se non mandando a spasso qualche centinaia di migliaia di lavoratori?
No, difficile che il calcio possa chiudere. Ma è anche difficile che la sua crisi morale e il suo lato delinquenziale, diciamolo pure, si possano estirpare se tutto rimane com’è. Se i suoi dirigenti incapaci si autosostengono reciprocamente per rimanere al loro posto, un po’ come accade ai politici incapaci. Se i processi e le inchieste diventano un modo perfino pittoresco, fatto di polemiche e litigi furibondi e veleni, di riempire l’estate tra un campionato (fasullo) e l’altro. Se insomma mai nulla cambia.
Se veramente Monti volesse, potrebbe mettere alle corde tutti quelli che nulla hanno fatto e cambiare il volto dello sport e del calcio in pochissimo tempo, e forse gettare le basi per uno migliore. Senza togliere a nessuno il piccolo piacere di tifare per la propria squadra e di guardarsi la partita in santa pace. Con la certezza che sia vera e non taroccata.


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