Monti firma il passaggio di Snam da Eni a Cdp

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MILANO – Se fosse stato per i vertici di Eni l’operazione non si sarebbe fatta. «È una cessione forzata che non lascia indifferenti né il sottoscritto, né le 80mila persone che ci lavorano e che questa sera torneranno a casa con il magone». Dal commento dell’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, si capisce perché soltanto con un decreto firmato dal presidente del Consiglio Mario Monti è stato possibile dare il via all’operazione che porterà  Snam dal controllo della società  di San Donato a quello della Cassa Depositi Prestiti.
Dal punto di vista gestionale lo era già , così come aveva imposto l’Unione europea, fin dall’estate scorsa. E ora lo diventerà  anche dal punto di vista della proprietà . «Per creare una maggiore concorrenza» nel settore del gas, Eni dovrà  scendere dal 52,1% del capitale fino al 5%. Il che dovrà  avvenire «nei tempi più brevi, compatibilmente con le condizioni di mercato, comunque entro 18 mesi», si legge nella nota. Ma c’è da credere che il tutto si chiuderà  molto prima: i cda di Eni, Snam e Cdp sono convocati per mercoledì, per dare il via all’operazione, e il tutto dovrebbe concludersi per la fine dell’anno.
Il nuovo socio di controllo, sempre come prevede il testo del dpcm approvato ieri da Monti, sarà  la Cassa Depositi Prestiti che rileverà  fino al 25,1% delle azioni. In buona sostanza, il controllo di Snam – la società  che gestisce la principale rete di distribuzione del gas in Italia – passa da una controllata del Tesoro a un’altra. Ma con una grande differenza: il passaggio avviene tra un socio di controllo industriale, verticalmente integrato con la controllata, a un socio finanziario. Rimane il controllo dello Stato: ma questo è voluto per «assicurare il mantenimento di un nucleo stabile nel capitale di Snam e la tutela delle caratteristiche di servizio di pubblica utilità ».
Non solo: scopo della separazione proprietaria tra Eni e Snam è quella di «garantire la piena terzietà  di accesso al mercato» e di «sviluppare i significativi investimenti strutturali necessari al Paese». Su quest’ultimo punto ha molto insistito, in questi ultimi mesi, il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera: il quale si è schierato per la soluzione Cdp contro l’ipotesi di una fusione con Terna, che si era offerta di rilevare Snam per la costituzione di una società  delle reti.
In realtà , Passera vuole “usare” Snam per aumentare la dotazione di infrastrutture e per fare dell’Italia il nuovo snodo del gas nell’area del Mediterraneo: gasdotti, stoccaggi e soprattutto rigassificatori che trasformino l’Italia da importatore a Paese esportatore, arrivando a disporre di quantità  di materia prima tale da far abbassare il livello dei prezzi. E allo stesso tempo, appoggiando il progetto di Snam di crescita in Europa dove può diventare uno dei gestori di una futura rete del gas continentale.
La diminuzione del prezzo del gas è propedeutica per abbassare il costo della bolletta energetica. Una delle richieste avanzate dal neo presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, nel suo discorso di insediamento. Eppure, proprio dal patron di Mapei, sono arrivate le prime critiche al decreto di Monti: «Sono un po’ sorpreso – ha dichiarato – e mi auguro che al di là  di questo la Cdp metta tutto il suo impegno per aiutare le imprese, che hanno bisogno che la liquidità  sia orientata allo sviluppo e non solo a scambi di pacchetti azionari. Perché un passaggio dal Tesoro alla Cdp, io che sono un po’ profano, ho difficoltà  a capirlo».


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