San Paolo diventa compagno di Lenin?

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Domenica la liturgia cattolica presentava il vangelo tratto dal capitolo 15 di san Giovanni, ove Gesù dice ai suoi: «Io sono la vite, voi i tralci». Mi vengono in mente un paio di pensieri. Il primo è che il rifiuto dell’indifferenza, a parte quel verbo «odio» che non può piacere a chi pensa che il senso della vita sia l’amore la fede cristiana vi trova l’essenza di Dio stesso, rivelato in Gesù Cristo ha un preciso precedente biblico. Nel libro dell’Apocalisse, che vuol dire “svelamento” pieno della realtà , leggo queste parole sulla bocca di Dio stesso, rivolte alla “Chiesa di Laodicea”: «Conosco le tue opere, e so che non sei né caldo né freddo: perciò sto per vomitarti dalla mia bocca!» Più forte anche di Gramsci, mi pare.
Seconda provocazione. Ho sotto gli occhi uno scritto profondo sul brano del vangelo di San Giovanni della vite e dei tralci: proprio sul testo letto domenica in tutte le Chiese. Quando lo leggo e chiedo chi è l’autore la risposta più frequente è: Papa Giovanni. E invece l’Autore è Karl Marx, che lo scrisse per la sua maturità  scolastica. Nessuna esagerazione, ovviamente, ma è un fatto, che tra l’altro si potrebbe collegare ad altri. Non è qui il luogo, ma approfitto per ricordare un fatto raccontatomi da mio padre, operaio falegname. Primi anni 60, ambiente di lavoro di una grande falegnameria, tra l’altro quella dove sono stati progettati e costruiti i banchi di legno per i vescovi del Concilio Vaticano II. Durante la pausa del pasto di mezzogiorno, nell’Osteria “Sora Eva”, Largo della Gancia, dove si apre il tunnel del Gianicolo, gli operai mangiano le loro povere cose, e uno di essi, Orlando, fervente attivista Pci, esclama energico: «Perché Lenin ha detto che chi non lavora non mangia!». Papà  amichevolmente lo richiama: «ma sei sicuro, Orlando, che lo abbia detto per primo Lenin? Diciotto secoli prima lo ha scritto san Paolo!» Perplessità  del buon Orlando, e papà  tira fuori dalla tasca il libretto del Nuovo Testamento, che lo accompagnava sempre, e apre la Seconda lettera ai Tessalonicesi (2, 10): «Se qualcuno non vuole lavorare, non deve neppure mangiare!» E Orlando? Resta silenzioso un po’, poi esclama serio: «Arnaldo, va bene, ma allora me lo devi riconoscere: io qualche volta i santi li smoccolo, e impreco, ma San Paolo no, mai! Me lo sentivo che era… un compagno!».
Conclusione all’esempio dei greci antichi: «La favola insegna… ». Non è una favola, ma insegna qualcosa: se qualcuno pensa che si possa costruire qualcosa di serio, ovunque, ma soprattutto qui da noi, disprezzando e opponendosi per principio a tutto ciò che dice Cristianesimo e Chiesa sbaglia di grosso. Laicità  è neutralità  rispettosa di tutto, non contrapposizione di principio obbligato. Auguri per il “nuovo” giornale, antico, ma molto cambiato.


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