Un vertice poco «compact»

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Il tempo non è stato clemente con Franà§ois Hollande nella sua prima giornata da presidente. Pioveva durante la cerimonia d’investitura. E un fulmine ha costretto il suo aereo a tornare all’aeroporto di Parigi per poi ripartire in ritardo alla volta di Berlino. Mentre scriviamo era appena cominciata la conferenza stampa, dominata dalla questione Grecia e dal duello tra il rigorismo di Merkel e le proposte elettorali di crescita (e quindi di spesa) di Hollande. Cominciando col cambiare il «patto fiscale». «Come presidente francese – ha chiarito subito il nuovo inquilino dell’Eliseo – voglio rinegoziare ciò che era stato a un certo punto accettato, per puntare verso la crescita». Presidente e cancelliera hanno invece concordato sulla decisione greca di tornare a votare: «Una scelta che va rispettata», hanno detto», mantenendo i toni delle valutazioni ben lontani dalle roboanti dichiarazioni dei rispettivi governi e partiti, propensi a obbligare la Grecia a «rispettare i patti» di austerity oppure a uscire dall’euro.
In questo primo incontro, Angela Merkel si sarà  certo sforzata di essere gentile, ma non mancherà  occasione nelle prossime settimane per litigare sul giusto dosaggio di disciplina fiscale e di crescita in Europa. Le possibilità  di successo di Hollande dipenderanno in buona parte dall’atteggiamento dei socialdemocratici tedeschi, che hanno in mano uno strumento di pressione nei confronti di Merkel: la cancelliera ha bisogno del loro voto per ratificare, con maggioranza di due terzi al Bundestag e al Bundesrat, il patto di rafforzata disciplina di bilancio – i tedeschi lo chiamano Fiskalpakt, patto fiscale. Va ratificato anche il trattato che istituisce il meccanismo di stabilità  europeo Esm, il fondo per sostenere paesi in difficoltà  finanziarie, che dovrebbe entrare in vigore il primo luglio. 
Merkel aveva programmato di votare al Bundestag il 25 maggio sia sull’Esm – per farlo poi passare anche al Bundesrat entro le scadenze previste – sia sul ben più problematico Fiskalpakt, che impone agli stati di introdurre nelle loro costituzioni un impegno a pareggiare i bilanci, pena severe sanzioni. Sull’accorpamento la Spd è contraria. Democristiani e liberali non vogliono invece disgiungere le due procedure di ratifica, sostenendo che l’«ombrello salvastati» può essere aperto solo con un contemporaneo impegno alla disciplina finanziaria. 
L’esito della disputa resta incerto. Ma, come ha confermato ieri il capogruppo Spd al Bundestag, Steinmeier, la data del 25 maggio è saltata. Non c’è accordo su un nuova data. Secondo Steinmeier è «molto improbabile» che il Fiskalpakt possa essere approvato prima della pausa estiva. Dunque fino a settembre ci sarà  tempo per negoziare con Merkel le condizioni «aggiuntive» per l’approvazione. Questo rinvio lascerà  spazio a Hollande per il negoziato bilaterale con Berlino.
Contro il vincolo costituzionale al pareggio di bilancio, previsto dall’articolo 3 del trattato sulla disciplina fiscale, si era ribellato Franà§ois Hollande durante la campagna elettorale, assicurando che i socialisti francesi non l’avrebbero approvato. Non è chiaro se il presidente francese ritenga possibile «rinegoziare» il pareggio di bilancio al rango di dogma costituzionale. Negli ultimi tempi ha piuttosto parlare di «integrare» il patto fiscale con un «patto per la crescita», anche se non si capisce come si potrebbe sostenere la domanda di beni e servizi senza programmi di spesa pubblica, anche in disavanzo. 
Una chance per rinegoziare sul pareggio di bilancio obbligatorio Hollande l’avrebbe solo se i socialdemocratici tedeschi lo appoggiassero. È quel che chiedono alla Spd i socialisti della Linke, pronti a ricorrere alla corte costituzionale contro il Fiskalpakt. «Chi vuole davvero salvare l’idea europea dalla distruzione con diktat sui tagli alle spese, con interventi per salvare le banche, col massiccio smantellamento delle tutele sociali, deve rifiutare il patto fiscale», ha ripetuto ieri il capogruppo socialista al Bundestag Gregor Gysi all’indirizzo della Spd.. 
Senza ratifica parlamentare in Germania, il patto fiscale verrebbe a cadere. Purtroppo però il padre della norma «frenadebito» nella costituzione tedesca, adottata nel 2009 da una grande coalizione tra Cdu e Spd, e poi presa a modello per l’europatto fiscale, è proprio un socialdemocratico, l’allora ministro delle finanze Peer Steinbrà¼ck. Impossibile pretendere che la Spd rinneghi questo suo coinvolgimento nella fabbrica del mito del pareggio di bilancio. 
I socialdemocratici tedeschi propendono dunque chiaramente per «integrarlo» con un patto «per la crescita e l’occupazione in Europa». Proprio ieri mattina hanno presentato il loro progetto in una conferenza stampa dei tre possibili candidati alla cancelleria alle elezioni del 2013, il presidente del partito Sigmar Gabriel, il capogruppo Frank-Walter Steinmeier, l’ex ministro delle finanze Peer Steinbrà¼ck. Premesso che «investimenti in un nuova crescita non devono portare a nuovi debiti» – anche Merkel lo dice – la Spd propone di finanziarli con un’imposta sulle transazione finanziarie. Questi mezzi dovranno confluire in programmi di formazione, contro la disoccupazione giovanile, in sostegno all’innovazione tecnologica, nella qualità  dell’istruzione, in una politica industriale per la conversione ecologica. Inoltre, «senza ulteriore indebitamento», si potrà  riorganizzare l’impiego di fondi di sviluppo già  stanziati. Si potrebbero anche aggiungere 10 miliardi al capitale alla banca d’investimento europea, e qui sembra trattarsi di nuovi soldi «freschi». Su queste proposte, in buona parte, ci si potrebbe accordare anche con Merkel.


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