I mercati temono la “Lehman d’Europa” la Bce promette nuovi prestiti anti-panico

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Quel crac nel 2008 partendo da Wall Street scatenò “l’inizio della fine” per la stabilità  della finanza mondiale, e anche l’inizio della lunga crisi nell’economia reale da cui non siamo più usciti.
I segnali di paura si moltiplicano: il colosso francese della grande distribuzione Carrefour abbandona la Grecia, la banca transalpina Crédit Agricole rimpatria i suoi fondi da Atene a Parigi. Il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle già  si prepara al “dopo-uscita”, invita a «distinguere tra Grecia, Portogallo e Spagna, le cui situazioni sono diverse». È una frase che tradisce la preoccupazione su chi saranno i prossimi a cadere, se parte l’effetto-domino. A Wall Street la Citigroup stima ormai dal 50% al 75% le probabilità  che Atene abbandoni l’euro.
Al festival “La Repubblica delle Idee” a Bologna l’economista Nouriel Roubini ha illustrato il dilemma: «La Grecia non può farcela comunque a restare nell’eurozona, i sacrifici che le vengono chiesti sono insostenibili. Uscirà , a meno di accettare che venga trasformata in una economia sussidiata dalla Ue, mantenuta in vita da aiuti esteri veri e propri, non prestiti condizionati ». Una prospettiva chiaramente
inaccettabile per i tedeschi. Il presidente della Bundesbank lo dice chiaro: «Non possiamo farci ricattare con la minaccia del contagio».
I banchieri centrali affrontano una domenica di massima allerta. Sono pronti a intervenire con terapie di emergenza alla riapertura dei mercati lunedì mattina. La Bce di Mario Draghi ha già  promesso nuovi prestiti illimitati alle banche dell’eurozona (dopo i 1.000 miliardi già  erogati), per prevenire panico e assalti
agli sportelli. La Bank of England è pronta a «isolare la Gran Bretagna» dagli shock del continente. La Federal Reserve americana può inondare di dollari le sue banche, se dovesse verificarsi “la Lehman d’Europa”. Ma è sempre Roubini ad ammonire, sulla base delle esperienze passate, che «il cordone sanitario organizzato dalle banche centrali con questi interventi che danno liquidità  ai mercati, si esaurisce in poco tempo, forse
appena una settimana».
Paradossalmente, il voto greco ormai è diventato quasi secondario. Sia perché dalle urne potrebbe uscire di nuovo una non-maggioranza, un paese ingovernabile. Sia perché chiunque vada al governo di Atene, il paese sembra un malato terminale. Intanto i focolai di crisi si sono già  estesi ben oltre. La vera debolezza è stata rivelata con l’annuncio del maxi-salvataggio delle banche spagnole. Sembrava gigantesco: fino a 100 miliardi. Ma i mercati hanno fatto i
conti, e hanno subito visto ciò che non funziona. Anzitutto, gli aiuti europei verrebbero versati non direttamente alle banche spagnole bensì al Tesoro di Madrid, con il risultato perverso di aumentarne di colpo l’indebitamento. Inoltre il fondo salva-Stati (Esm) avrebbe uno status da “creditore privilegiato”, rendendo ancora meno garantiti in caso di crac quegli investitori privati che possiedono bond spagnoli.
Il
New York Times
in uno
slancio di ottimismo — legato alle speranze della Casa Bianca — anticipa un “piano europeo” che andrebbe ben oltre le prime misure anti-panico. In quel piano, da presentare al vertice Ue del 28 giugno, ci sarebbe un vero balzo in avanti verso l’unione bancaria: la vigilanza sugli istituti di credito verrebbe unificata in capo alla Bce; nascerebbe un’assicurazione europea sui depositi dei risparmiatori (sul modello federale della Fdic americana).
Se queste anticipazioni verranno confermate al G20 di domani, la novità  sarebbe sostanziale. C’è il rischio però che il cannocchiale americano “ingigantisca” il decisionismo europeo.
Nelle stesse anticipazioni del
New York Times,
figura anche un nuovo piano europeo pro-crescita con misure in favore della competitività  e flessibilità  del mercato del lavoro per facilitare le assunzioni dei giovani. Ma in questi settori l’Europa può emanare direttive e raccomandazioni che restano libri dei sogni, in attesa che vengano recepite dalle normative dei singoli paesi. Barack Obama userà  il G20 per chiamare a raccolta gli alleati e stringere l’assedio attorno ad Angela Merkel, indicando il percorso virtuoso: unione bancaria, fiscale, politica, le uniche “barriere anti-incendio” che davvero possono funzionare. Tutti e tre, sono cantieri dai tempi lunghi, nella migliore delle ipotesi.


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