l’Industria, i Servizi e il Gap con i Tedeschi

Loading

Due lustri in cui le imprese italiane hanno dovuto far fronte a una doppia discontinuità , rappresentata dal venir meno delle svalutazioni competitive della lira e dall’affermarsi di nuovi e aggressivi Paesi esportatori come Cina, India e Vietnam. Pur in assenza di politiche industriali le nostre imprese hanno però saputo reagire e hanno dato vita a una sorta di ristrutturazione silenziosa. Secondo Cipolletta e De Nardis, hanno saputo abbandonare le produzioni di massa e si sono via via specializzate in quelle a più alto valore aggiunto. Più vicinanza al mercato e alle esigenze degli acquirenti nella meccanica, più identità  e soluzioni innovative nella moda, nell’arredo e nell’alimentare. L’ex direttore generale della Confindustria cita il caso di un imprenditore modenese della ceramica, Francesco Zironi, che ha messo a punto un rivoluzionario sistema fotografico per la stampa delle piastrelle. Lo stesso vale per le macchine per il taglio del legno e del marmo dove l’Italia sta abbandonando i macchinari standard e si sta specializzando nei sistemi complessi. E un’analoga tendenza la si può riscontrare nel meccanotessile, nella robotica, nelle macchine da diagnosi e in altre nicchie. «Il miglioramento manifatturiero italiano negli anni dell’euro è stato, dunque, più che apprezzabile — scrivono i due economisti — ma non sufficientemente robusto da tenere il passo con l’industria tedesca». E la spiegazione sta — per l’appunto — nel rapporto tra manifattura e servizi che in Germania si sono ammodernati e da noi no. In Italia l’industria in senso stretto rappresenta solo una quota minoritaria (19%) del valore aggiunto dell’intera economia e di conseguenza gli effetti della ristrutturazione silenziosa delle imprese si trasmettono tutto sommato debolmente sull’intero sistema. Nei servizi dove l’azione della concorrenza estera è più debole, se non assente, la riorganizzazione virtuosa post euro non c’è stata. La capacità  di recepire le novità  tecnologiche si è dimostrata ridotta e gli attesi mutamenti normativi pro concorrenza che avrebbero dovuto ridurre le barriere all’ingresso sono stati limitati. «Resta così ampio il gap che caratterizza le nostre imprese di servizi rispetto a quelle dei maggiori partner europei». E in queste condizioni crescere diventa decisamente più difficile. Ma se dovessimo uscire dall’euro potremmo giovarci di nuovo delle vecchie svalutazioni competitive e ripartire per questa via? «Troppo spesso si dimentica che quelle operazioni sul cambio alla fine hanno fatto crescere il debito — risponde Cipolletta —. E non penso proprio che si convenga mettere in atto un replay».


Related Articles

San Raffaele, offerta da Ior-Malacalza 250 milioni per cliniche e Blu Energy

Loading

La proposta irrevocabile prevede che le attività  confluiscano in una Newco in via di costituzione. Escluso il Brasile. Don Verzè rimane presidente della nuova società . Già  finita la consulenza di Enrico Bondi 

Soluzioni per sfamare la Terra

Loading

Carlo Petrini: «Soltanto la mobilitazione di grandi masse di cittadini in ogni angolo del globo potrà cambiare il sistema produttivo responsabile della fame nel mondo». Oscar Farinetti: «Più qualità vuol dire anche meno pesticidi e più lavoro manuale, ma che abbia dignità: 3 chili di pasta costano 3euro,quantoun’oradi parcheggio. Non va bene». Siamo stati al Forum del Barilla Center for Food & nutrition, dove sono emerse molte proposte, anche controverse, per combattere l’emergenza alimentare

“Fallite 15 mila aziende in 5 anni in attesa dei pagamenti pubblici”

Loading

La Cgia di Mestre stima in 120 miliardi i crediti vantati dal mondo della produzione 

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment