Draghi, basta una parola

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SuperMario non si piega di fronte all’assalto degli stati «maledetti», appoggiati dal peso massimo Francia, e i mercati esultano, con borse in festa e spread in calo per Spagna e Italia. Sono bastate alcune frasi di Mario Draghi, ieri mattina a Londra alla Global Investment Conference, per far cambiare la situazione. Per il presidente della Bce, «l’eurozona ha il potere per scalfire la speculazione sui mercati». Intanto, l’Eurozona «è molto più solida di quanto si pensi – ha detto – e negli ultimi sei mesi l’area euro ha mostrato progressi straordinari»: tra l’altro, il livello di deficit e di debito pubblico, preso globalmente, è migliore di quello di altre aree, a cominciare dagli Usa. Siamo pronti – ha detto Draghi – a fare tutto quello che serve per l’euro. E, credetemi, sarà  sufficiente», è la frase che ha scatenato l’ottimismo. Con la precisazione sulla Grecia, senza citarla: «Non è possibile immaginare la possibilità  che un paese esca dall’eurozona». Agire sullo spread, secondo Draghi, «rientra nel mandato della Bce, nella misura in cui il livello di questi premi di rischio impedisce la giusta trasmissione delle decisioni di politica monetaria». È una presa di posizione forte che contraddice la prudenza degli ultimi mesi. 
In attesa dell’Unione bancaria, (che prenderà  tempo prima di essere varata), e della nascita del Mes, il nuovo meccanismo salva-stati dotato di una «force de frappe» di 500 miliardi (che ben che vada non vedrà  la luce prima di metà  settembre, dopo la sentenza di costituzionalità  della Corte di Karlsruhe), cosa può fare subito la Bce? L’Fmi, ieri, dopo aver accolto con favore le dichiarazioni di Draghi, ha invitato l’istituto di Francoforte ad abbassare ancora i tassi, che sono già  a livelli vicini allo zero, ma necessitano di un «ulteriore allentamento», assieme a «misure di sostegno non convenzionale». La Bce intanto può riprendere da subito l’acquisto di obbligazioni pubbliche degli stati «maledetti» – Spagna e Italia – sui mercati secondari, cosa che non faceva da metà  del febbraio scorso. Inoltre, può intervenire immediatamente sull’Efsf, finanziandolo, e prevedendo di continuare l’operazione quando sarà  operativo il Mes. 
Alla vigilia, il governatore della banca centrale austriaca, che è nel consiglio dei governatori della Bce, Ewald Nowotny, aveva aperto alla possibilità  di concedere una licenza bancaria al Mes: «Esistono argomenti favorevoli» aveva detto. Che significa che il nuovo meccanismo salva-stati potrà  finanziarsi direttamente presso la Bce. In altri termini, per la prima volta viene evocata una soluzione alla crisi aprendo la possibilità  di avere mezzi illimitati, come succede con tutte le altre aree monetarie che hanno una banca centrale che funziona come tale. 
E il veto tedesco? Angela Merkel è ostentatamente in vacanza, atteggiamento di sublime calma interpretato dagli ottimisti come un via libera implicito all’azione della Bce. I falchi continuano ad esistere ma come già  nel 2011 la cancelliera potrebbe passare oltre. In Francia, il ministro dell’economia, Pierre Moscovici, ha accolto l’intervento di Draghi come una «dichiarazione assolutamente positiva». 
Detto questo, i mercati sono rassicurati ma per le popolazioni la sofferenza continua. Intanto, l’Fmi plaude alle riforme italiane, ricordando che sono fatte di deregulation e di flessibilità  del lavoro. Citigroup, in una nota, dà  al 90% la possibilità  di un «Grexit», cioè continua a puntare sull’uscita di Atene dall’euro, nei due-tre prossimi trimestri. Anche la Bce è in allarme per la fuga di capitali dalla Grecia: contrariamente a quanto assicura il governo Samaras, i depositi sarebbero diminuiti del 5%. La troika è ad Atene, per decidere se concedere la tranche di 31,5 miliardi del secondo piano di aiuti di 130 miliardi concesso a febbraio e, anche se ci sarà  una decisione positiva, potrebbe essere troppo tardi perché Atene rimborsi i 3,2 miliardi che arrivano a scadenza il 20 agosto (la Grecia non può più finanziarsi sui mercati). 
Infine c’è l’aspetto più doloroso, la disoccupazione che avanza: Draghi ha vantato a Londra la zona euro dove esiste la coesione sociale «più forte di qualsiasi altra parte del mondo» ma solo in Francia, ieri, dopo i tagli di 8mila posti alla Peugeot, il ridimensionamento già  previsto di Sanofi, le minacce sull’ex Pechiney (ora Rio Tinto) di Saint-Jean de Maurienne e sulle acciaierie lorene di ArcelorMittal – per non citare che gli esempi maggiori – Alcatel Lucent (hardware telecom) ha annunciato la soppressione di 5mila posti di lavoro nel mondo (su 78mila), in seguito a 254 milioni di perdite nel secondo trimestre: il governo Ayrault non sa ancora quanti saranno quelli che verranno tagliati in Francia.


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