IL FOTOROMANZO DI UNA VITA DA CANI

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Ciondolo “senza razza e nemmeno un colore definito”, Flush il cocker spaniel della poetessa Elizabeth Barrett, “animoso, eppure assennato”, Karenin incarnazione dell’amore disinteressato: sono tutti cani resi indimenticabili dalla penna di Tolstoj, di Virginia Woolf, di Milan Kundera. A questi quadrupedi da romanzo si è aggiunto da poco il setter gordon di Franco Marcoaldi, protagonista di
Baldo. I cani ci guardano, pubblicato da Einaudi. A Baldo però è capitato qualcosa di più: è diventato l’attore principale di un originale e inaspettato fotoromanzo. Lo ha infatti immortalato nelle sue prodezze canine un maestro della fotografia come Mario Dondero. E questi scatti in bianco e nero accompagnano brani tratti del libro di Marcoaldi in un volume stampato da Affinità  Elettive, un nome perfetto, quello della casa editrice, per un racconto in cui le corrispondenze sono molte. Tra cani e umani, tra parola e immagine (Baldo. Un foto-romanzo, pagg. 71, euro 15). Tanto che non sai bene se siano le foto a “illustrare” il testo o se, viceversa, questo sia una poetica didascalia di ciò che vedi. Come Wassilij Grossman nel suo struggente racconto La strada riesce a farci vedere la brutalità  del mondo e della guerra con gli occhi del mulo Giu, la coppia Marcoaldi-Dondero indica, attraverso lo sguardo e la voce di Baldo che parla in prima persona, un nuovo punto di vista sullo stare al mondo. “Ah cosa siete voi uomini! Tutto quel gran cervello per farvi del male da soli”, sospira il cane mentre passeggia solitario nel suo giardino. Oppure chiede, scodinzolando con la moglie Nina e il figlio Pozzo: “Vi par niente la nostra spensierata essenzialità  che per voi umani resta un inarrivabile miraggio? ”.
Baldo, a differenza di Giu, è un animale fortunato: afferma di vivere in “una specie di regno di Bengodi” (e lo scatto di Dondero
lo conferma), è libero di scorrazzare, ha la ciotola piena e, come dichiarato ufficialmente da una fotografia pubblicata proprio qui, può spaparanzarsi sul divano in barba a tutte le teorie di presunti educatori di cani che considerano letti e poltrone luoghi proibiti. Eppure anche lui commuove. Quando lo vedi immerso nella natura, una macchia nera pensierosa che scruta qualcosa lontano, come fosse davvero in ascolto dei segreti del mondo.
D’altra parte, secondo John Berger, “i cani sono i naturali esperti di frontiera degli interstizi che si celano tra i diversi binari del visibile”. E poi, eccolo mentre guarda il suo padrone. “Io mi specchio in Lui e Lui si specchia in me”, dice il testo. E la grande intuizione di Dondero è quella di fotografare soltanto uno dei due sguardi che si incrociano: quello di Baldo. E lì trovi tutto. C’è la storia di una vita insieme, l’arricchimento e la felicità  a cui va incontro l’uomo che sa riconoscere, rispettare e corrispondere quella che Borges ha chiamato “la misteriosa devozione dei cani”.


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