Il nervosismo del Pd diviso tra responsabilità  e tentazione delle urne

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ROMA — A Montecitorio circola già  la possibile data delle elezioni anticipate: l’undici novembre. Ma finora è solo un numero, perché sino a quando non verrà  approvata la legge elettorale, parlare di urne è un esercizio accademico. Solo dopo di allora si aprirà  la strada del voto. 
Assai più concreto, invece, è quello che sta succedendo in questi giorni, con lo spread che continua a salire. Al Pd c’è lo stato di massima allerta. Ieri in segreteria Pier Luigi Bersani ha voluto rassicurare tutti: «Non abbiamo notizie di interventi ad agosto. Se le avessimo ci preoccuperemmo». Sì, perché il leader del Pd ritiene che non siano possibili altri salassi. Lo chiarirà  anche a Mario Monti, nell’incontro di oggi: «Se si vuole salvare l’euro e i Paesi che non sono nella zona sicurezza deve intervenire la Bce, non vedo altro intervento possibile». 
Il presidente del Consiglio ha convocato i tre leader della maggioranza (oggi oltre a Bersani vedrà  Alfano, mentre domani toccherà  a Casini) perché la situazione è grave. Come ha spiegato lui stesso al telefono al trio ABC: «È in gioco la stabilità  economica del nostro Paese, di fronte a un attacco che, dopo il disastro della Spagna, potrebbe veramente destabilizzare l’Italia». Bersani, quindi, sa bene che cosa chiederà  Monti a lui e agli altri due leader della maggioranza: «Siete o no in grado di assumervi l’ulteriore responsabilità  di gestire questi frangenti difficili senza personalismi, in un rinnovato clima condiviso?». Il leader del Pd però ha la risposta pronta: il mio partito non ha fatto altro finora, che assumersi delle responsabilità , mentre non si può dire lo stesso per il Pdl. Già , e a largo del Nazareno l’onere di questo sostegno al governo viene sentito con sempre maggiore insofferenza. Come dimostrano le dichiarazioni rilasciate da Massimo D’Alema in un’intervista all’Unità  di ieri: «Il peso dei provvedimenti è tutto sulle nostre spalle: quanto può durare? Deve essere chiaro anche al premier e al presidente della Repubblica». E ancora, sempre D’Alema: «La situazione è di ora in ora più insostenibile perché abbiamo a che fare con forze politiche totalmente inaffidabili, per le quali è molto difficile fare anche questo breve pezzo di strada».
Bersani sa bene che nel suo partito il disagio monta di giorno in giorno. Ma tenta di tirare il freno e di evitare i toni forti: vuole innanzitutto mandare in porto la legge elettorale. Per essere comunque «pronto». Anche alle elezioni anticipate, se quello sarà  lo sbocco. Nel Pd non è il solo D’Alema, comunque, a dare segni di nervosismo. Ieri, nell’assemblea del gruppo al Senato, Anna Finocchiaro è stata nettissima: «La spending review è un provvedimento orrendo». Bersani oggi, nel suo colloquio con Monti, non si esprimerà  esattamente negli stessi termini, però farà  capire al premier che la spending review va modificata. È su quello che vuole incentrare il suo incontro con il premier: «Dobbiamo assolutamente limitare alcuni punti di criticità  di questo provvedimento, per quello che riguarda il settore enti locali e la sanità ».
Dirà  queste e altre cose, stamattina, Bersani a Palazzo Chigi. E con i collaboratori ieri, mentre preparava l’incontro, è stato ancora più esplicito. «Questo governo ascolta poco, mentre è bene che impari ad ascoltare. Deve mettere attorno a un tavolo i soggetti interessati, come gli enti locali, per esempio, che non manifestano per una protesta fine a se stessa, ma vogliono aiutare l’esecutivo a correggere certi errori». Di elezioni anticipate o meno Bersani preferisce invece non parlare pubblicamente, però è scontato che nel colloquio con Monti verrà  affrontato anche quell’argomento. Se non altro perché l’ipotesi in questione non è stata avanzata dai partiti della maggioranza, che, anzi, sono venuti a sapere di questa possibilità  solo all’ultimo momento. Nel Pd, a questo proposito, vi sono due scuole di pensiero opposte. L’ala sinistra del partito non sarebbe contraria a uno scioglimento anticipato della legislatura: «Una volta approvate la riforma elettorale e la legge di stabilità  questa potrebbe essere una soluzione». Contrari, invece, i filo-Monti, come Paolo Gentiloni: «I prossimi mesi saranno cruciali per l’Italia e per l’Europa: abbiamo bisogno di Monti. E dobbiamo sostenerlo fino in fondo senza fronde elettoralistiche».


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