L’intuizione di un ragazzo prodigio e quell’equivoco sull’Onnipotente

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Ma all’inizio erano tutte uguali, cioè tutte dotate di una «leggerezza» incredibile, proprio perché l’interazione con quel mare invisibile non era ancora incominciata. Ma è stato sufficiente che l’universo si raffreddasse per rompere la simmetria originaria. Oggi la teoria detta «elettrodebole», perché tratta delle forze che si esercitano tra quelle leggerissime particelle che sono i neutrini, e incorpora la teoria elettromagnetica, contempla una famiglia di particelle composta dal fotone (cioè il quanto di luce descritto da Einstein nel 1905) che è rimasto di massa nulla e altre tre particelle che sono invece dotate di notevole massa. È un po’ come fossero delle biglie che cadono l’una in un bicchiere d’acqua e le altre in uno pieno di denso sciroppo: queste ultime appaiono di massa maggiore. La cosa è generalizzabile anche alle altre famiglie delle particelle «elementari». Tutta colpa di una ancor più elusiva particella, che genera quello «oceano» che i fisici chiamano «campo» (analogamente a come il fotone è responsabile del campo elettromagnetico). Decenni fa era solo una congettura di vari fisici; e solo uno, il britannico Peter Higgs, aveva espresso (1964) la convinzione dell’esistenza di una «nuova particella». Sarebbe diventata nota come «bosone di Higgs», anche se questo non significava affatto l’accettazione da parte di tutta la comunità  scientifica; per di più, presso il grande pubblico, doveva diventare celebre sotto il nome fuorviante di «particella Dio», trovato da Leon Lederman (1993), e poi storpiato in «particella di Dio», come se questa fosse stata lo strumento utilizzato dall’Onnipotente quando aveva cominciato a differenziare i vari tipi di materia e di forza! Il vero responsabile era stato però il curatore del testo di Lederman, che interpretando i desiderata della casa editrice aveva attribuito al Signore (God in inglese) un interesse particolare per quella «particella maledetta»: goddamn particle, come aveva scritto inizialmente l’autore, alludendo alla difficoltà  della sua individuazione. Higgs, che si definiva ateo, non aveva gradito l’intera faccenda, ritenendo che fisica e fede fossero «campi» che non dovessero sovrapporsi, e che ricorrere alla divinità  per colmare le lacune della ricerca significasse «pronunciare invano il nome di Dio». Le risposte andavano individuate non nelle pieghe della teologia, ma tramite i grandi apparati della sperimentazione. Oggi i responsabili del Cern (tra cui spiccano vari fisici italiani), darebbero sostanzialmente ragione all’audacia dell’ex ragazzo prodigio del Kings College di Londra: la tanto sospirata «osservazione» del bosone che porta il suo nome potrebbe aggiustare non pochi difetti della concezione corrente delle particelle elementari (il cosiddetto «Modello standard») e ci regalerà  orizzonti conoscitivi «più ampi e sconfinati», per dirla con una delle locuzioni care al filosofo Karl Popper.


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