SE TIZIANO SI SCOPRE BRUSCO E IMPAZIENTE

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L’epistolario di Tiziano fu edito nel 1977, a cura di Clemente Gandini, per merito della Magnifica Comunità  di Cadore che onora il suo maggiore figlio con appassionata dedizione. Nel corso dei decenni trascorsi le conoscenze su uno dei più grandi pittori del Cinquecento si sono accresciute in misura considerevole. Lionello Puppi, che del Cadorino e della civiltà  artistica veneta è tra i massimi studiosi, ci propone l’edizione critica dell’epistolario, edito da Alinari-Sole 24 Ore, pp. 466, euro 70. Nella presente edizione sono stati emendati gli errori di trascrizione, o di collocazione delle lettere: lavoro filologico certosino, accresciuto da commenti e riferimenti pertinenti al contesto storico a cui ciascuna epistola si riferisce. Si è passati così da 201 a 272 voci, compresi i regesti delle lettere perdute di cui si dispone comunque di resoconti. La nuova edizione conta dieci nuove lettere rispetto al corpus edito dal Gandini. Le epistole sono distribuite urbi et orbi come si dice, e sono un mare entro cui è assai godibile navigare, frugando così nella vita pubblica e privata del Vecellio. Il fascino di ogni epistolario sta in questo, è un modo di ascoltare in presa diretta la voce dell’artista, senza mediazioni agiografiche o malevolenze, e contestualmente udir la voce dei diversi corrispondenti. La vita vissuta da un grande artista come Tiziano passa anche attraverso il suo epistolario. Sono poche le lettere autografe di Tiziano, perché, come spiega Charles Hope nella postfazione, il pittore aveva dell’italiano una conoscenza a dir poco precaria, come s’evince dai toni persino bruschi e a volte impazienti con cui si rivolgeva ai familiari. Per tale motivo scriveva le sue missive quasi sempre sotto dettatura e lasciava ai suoi scrivani di tornire le pubbliche epistole di tutte quelle maniere diplomatiche e persino servili, rese necessarie nel rivolgersi ai più augusti interlocutori. In taluni casi si avvalse della raffinata penna del suo amico Pietro Aretino, molte altre volte di Giovanni Alessandrini sodale dell’Aretino, e di Giovanni Maria Verdizzotti, vicinissimo a Bernardo e Torquato Tasso. Nella maggior parte dei casi si avvaleva di scrivani occasionali. Ci si chiede come Carlo Ridolfi, tra i maggiori biografi del Vecellio, nel Seicento abbia potuto attingere a documenti ufficiali come il conferimento del titolo e delle prerogative di conte palatino da parte di Carlo V, che contemplava tra l’altro il diritto di legittimare figli naturali. Questione assai a cuore al pittore. Per quanto pieno di buchi il repertorio illumina i rapporti che intrattenne con gli imperatori Carlo Ve Ferdinando d’Asburgo, con Filippo II re di Spagna, con alcuni dei più rinomati signori d’Italia, tra quali Alfonso I d’Este e Isabella d’Este, i Duchi di Urbino, di Firenze e i governatori di Napoli e Milano. Per non dire dei cardinali della curia romana, tra i quali Alessandro Farnese. Nobili e borghesi di Venezia, dove aveva la sua grande casa-bottega al Biri Grande, ricorrono con frequenza, mentre pochi sono gli artisti. Tra questi oltre all’Aretino, Jacopo Sansovino, Sebastiano Serlio e persino una celebre cortigiana come la Zaffetta. Ne vien fuori da questo corpus una personalità  fortemente ancorata alle radici contadine e a quel Cadore che assai poco frequentò, ci dice dei suoi viaggi per le corti italiane e le sue puntate all’estero. Molte lettere vertono sui dilazionati o mancati pagamenti per l’opera prestata. Spicca la dedizione ai sovrani spagnoli dai quali fu assai male ripagato. «Solo alla vigilia della morte s’avvederà  che mai ne era stato pagato – scrive Puppi – ma neanche ricorda quali e quante fossero state. Sollecitando la memoria pur nel dubbio d’esserne contentato appieno, stende un elenco faticoso e lo accompagna con uno degli ultimi documenti epistolari che ci siano pervenuti». Dicendo di Tiziano vale citare il restauro recentissimo di una delle versioni del Martirio di San Lorenzo, ad opera della Banca d’Alba (San Lorenzo è il patrono della città ) per l’infaticabile dedizione di Lionello Puppi: poi tornerà  alla chiesa dei Gesuati che la possiede. Sempre l’infaticabile Puppi con Andrea Donati presenta agli Eremitatini di Padova, due opere inedite provenienti dal Regno Unito: un Autoritratto e un Ritratto di Paolo III senza camauro, originale multiplo della versione di Capodimonte. A fine agosto la mostra Tiziano mai visto alle Gallerie dell’Accademia di Venezia avrà  al centro La fuga in Egitto dipinta per palazzo Loredan. Il telero partì 250 anni fa da Venezia, il Museo dell’Ermitage lo concede in prestito, a conferma di un forte legame con la laguna.


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