Controlli pilotati, tredici indagati «Le istituzioni erano compiacenti»

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TARANTO — Politici e funzionari pubblici. Tredici in tutto. Indagati, a diverso titolo, per corruzione in atti giudiziari e concussione. L’inchiesta sul caso della presunta mazzetta data al consulente tecnico della procura Lorenzo Liberti per «addomesticare» le perizie sull’Ilva, si allarga e prende quota. Entra nelle stanze della politica, locale e non. E si annuncia rumorosa. Un’altra valanga, giura chi ne conosce i contenuti, sull’amministrazione pubblica pugliese. 
Tutto parte dalle indagini sul gruppo siderurgico più grande d’Europa, l’Ilva. Dove i controlli, i controllati e i controllori coincidevano, dicono le carte dell’inchiesta, con un nome soltanto, Girolamo Archinà , consulente e uomo delle pubbliche relazioni dello stabilimento che il presidente Bruno Ferrante ha licenziato in tronco una settimana fa. Lo stesso della frase ormai famosa: «Io ho sempre sostenuto che bisogna pagare la stampa per tagliargli la lingua! Cioè pagare la stampa per non parlare!».
Ma la stampa pare non fosse l’unica preoccupazione di Archinà . Lo erano anche le rilevazioni dei tecnici ambientali, per esempio. Che stando alle accuse della Guardia di Finanza Archinà  avrebbe pilotato in più occasioni. 
Dice l’informativa dei finanzieri: «È evidente che l’Archinà , grazie alle sue conoscenze, riesce a perturbare l’operato degli enti pubblici riuscendo talvolta anche a pilotare i sopralluoghi e le verifiche presso Ilva». Viene riportata una telefonata del 7 luglio 2010 fra Archinà  e Pierfrancesco Palmisano, funzionario che rappresenta la Regione Puglia nelle riunioni della Conferenza dei servizi (al ministero dell’Ambiente) per istruire la pratica per il rilascio dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). La Finanza scrive che «fra i due emerge un elevato grado di compiacenza». Archinà , per esempio, chiede a Palmisano chiarimenti su un fax appena ricevuto che riguarda un imminente sopralluogo nello stabilimento. «Palmisano — dice l’informativa — lo rassicura e gli spiega che il sopralluogo potrebbe farsi all’esterno». E gli dice anche un’altra cosa che tranquillizza Archinà  «cioè il fatto che durante il controllo ci sarebbe stata una persona a lui gradita, l’ingegner Roberto Primerano».
Agli atti c’è un’altra comunicazione fra Archinà  e il dirigente Capogrosso che si preoccupa perché qualcuno sta andando ad eseguire sopralluoghi all’improvviso. Archinà  lo rassicura: «Dandogli conferma — scrive la Finanza — di aver personalmente preso accordi con l’ingegner Antonello Antonicelli (dirigente regionale del settore ambientendr). L’ingegnere gli ha assicurato che i funzionari del sopralluogo saranno portati negli uffici del secondo piano e verranno metaforicamente “legati alla sedia” senza poter fare nessuna attività  ispettiva». Dice testualmente Archinà : «Vengono all’ufficio al secondo piano e legati qua…». E Capogrosso: «Di questo sei sicuro insomma». «Sicurissimo». Nella stessa telefonata si discute anche della possibilità  di piazzare le centraline di controllo dentro l’Ilva: «Figuriamoci se facciamo mettere le centraline all’interno!» commenta sicuro Capogrosso con Archinà .
Tra le conversazioni ritenute utili dagli inquirenti c’è quella del 15 luglio 2010 dalla quale, rivela l’informativa, emerge un «dato interessante relativo alla questione parchi minerali, in relazione alla quale evidentemente l’Archinà  ha preso accordi a Bari verosimilmente con l’ingegner Antonicelli». Archinà  dice a Capogrosso che sarà  fatto uno studio di fattibilità  che gli consentirà  di prendere tempo. «Come si può ben vedere — annotano gli investigatori — è costante e sistematico l’intervento dell’Archinà  verso alcuni soggetti delle istituzioni, che a loro volta lo assecondano quasi sempre, finalizzato a ridimensionare sempre gli impatti che le azioni amministrative possano avere verso il siderurgico tarantino». Un lungo capitolo dell’informativa della Guardia di Finanza è dedicato al professor Giorgio Assennato, direttore generale dell’Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente). Nelle carte dell’inchiesta c’è scritto che «come più volte emerso dall’indagine, il prof Assennato viene visto come il vero e proprio nemico dell’Ilva, considerato che con il suo rapporto sulle emissioni di benzo(a)pirene dalle cockerie ha scatenato un vero e proprio putiferio». Il «nemico» dell’Ilva aveva certificato il raddoppio delle emissioni (rispetto ai dati precedenti) nel periodo gennaio/maggio 2010 e aveva causato l’apertura di una nuova inchiesta. Archinà  se l’era presa parecchio. Tanto da scrivere una email all’avvocato Francesco Manna (allora capo di gabinetto di Nichi Vendola): «A che serve essere leali e collaborativi?».
Da quel momento in poi sarebbe stata guerra contro Assennato: «lo dobbiamo distruggere» ha ripetuto più volte Archinà  al telefono ai suoi interlocutori. Raccontando all’avvocato dell’Ilva Egidio Albanese anche di un fantomatico accordo preso con Nichi Vendola per «sconfessare l’Arpa Puglia». Una sconfessione che però lo stesso funzionario regionale, confermato dopo la scadenza del suo incarico, dice di non aver mai subito.


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