I disoccupati sono 2,8 milioni: come nel 1987

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ROMA — Era il luglio 1987, la disoccupazione al 12% e i disoccupati avevano sforato quota 2,8 milioni. Venticinque anni dopo, il Paese è cambiato, ma siamo di nuovo lì. Di nuovo al record: in 2 milioni e 800 mila sono in cerca di lavoro e il tasso di disoccupazione è al 10,8%, 2,7 punti in più rispetto a un anno fa. Nel frattempo l’Istat ha affinato la rilevazione, ha inaugurato le nuove serie nel 2004, e prendendo a riferimento quell’anno la situazione occupazionale non è mai stata così grave. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 24 anni a giugno è al 34,3%, sono 608 mila i ragazzi in cerca di un posto. 
Soprattutto l’Istituto di statistica dice che c’è un forte calo del numero di inattivi, quelli che non hanno un’occupazione e neppure la cercano: su base annua la diminuzione è di 752 mila unità  (-5%). E il vero segno della crisi è lì. Ora cerca un lavoro anche chi prima riusciva ad andare avanti senza. E in assenza di uno sbocco — il tasso di occupazione al 56,9% è infatti stabile rispetto a un anno fa, in diminuzione di 0,1 punti nel confronto con maggio — adesso ingrossano le file dei disoccupati, che in un anno sono diventati 761 mila in più. 
Secondo l’economista Pietro Garibaldi è questo crollo degli inattivi il dato più sorprendente, oltre che drammatico: «Va preso con cautela. Mi sarei aspettato un aumento degli scoraggiati, invece il fatto che si cerchi lavoro nel momento in cui non c’è è un segnale di disagio». «La grande crisi è iniziata nel 2008. Nel 2010-2011 il Pil ha avuto un piccolo rialzo, mentre — spiega — il mercato del lavoro non ha mai avuto un’inversione di tendenza, non si è mai invertita la rotta negativa. La disoccupazione giovanile, ora vicina al 35%, era al 18-19% prima che iniziasse la recessione». 
A fronte di questi dati la Cgil ritiene un boomerang la riforma del mercato del lavoro, in vigore da pochi giorni. «Il provvedimento — dice il segretario confederale Serena Sorrentino — con l’annessa diminuzione delle coperture sugli ammortizzatori, combinato con l’allungamento dell’età  pensionabile ha determinato un cortocircuito nelle dinamiche del mercato del lavoro». I dati dell’Istat, aggiunge, «non ci dicono solo che la crisi economica è profonda ma che la ripresa diventerà  una chimera se il governo non cambia registro sulle politiche economiche e industriali». Il leader della Cisl, Raffele Bonanni, si rivolge direttamente al presidente del Consiglio. «Chiediamo a Monti: basta con questi polveroni su cosa fa salire lo spread, si occupi di sviluppo con parti sociali ed enti locali. Un clima nuovo non si crea con il castigamatti e mille decreti ma con la collaborazione».
Le Borse tra l’altro sembrano in attesa. Lo spread in apertura di giornata è sceso ulteriormente, a 460 punti, rispetto alla chiusura di lunedì, ma poi ha chiuso a 480 sul Bund tedesco, con il rendimento del Btp a 10 anni al 6%. Sui mercati si ridimensionano gli entusiasmi, aspettando le decisioni del consiglio della Bce di oggi e domani, e le Borse dopo 4 sedute chiudono in territorio negativo. Piazza Affari è tornata in rosso con il Ftse Mib che ha perso lo 0,62%. Hanno contribuito i dati sotto le attese di alcuni colossi societari, come la Fiat che ha perso il 4,44% e Finmeccanica al -2,3%. Anche la Borsa di Madrid ha chiuso in ribasso dello 0,94%. Lo spread dei Bonos chiude in rialzo a 546 punti base, il rendimento del decennale sale al 6,74%. Londra è in ribasso dell’1%, Francoforte invariata (-0,03%).
Ma è la disoccupazione che ora preoccupa tutta l’Europa. Nei Paesi dell’area euro a giugno ha toccato l’11,2%, il livello più alto dal 1999, quando è nata l’area della moneta comune. Anche in Germania a luglio si è registrato un incremento di 7 mila disoccupati, portando il totale dei senza lavoro a 2,89 milioni, con la disoccupazione stabile al 6,8%.


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